Procurato ed ingiustificato allarme e come tale punibile penalmente, oltreché con una multa, seppure di modesta entità. E’ questo che rischia la donna quarantatreenne di Pasian di Prato, che ha rilanciato un messaggio tramite whatsapp in cui ipotizzava, sulla base di indicazioni fornite dal Viminale, poi rivelatesi completamente infondate, il pericolo di attentati terroristici in quattro grandi centri commerciali del Friuli Venezia Giulia. In pochissimo tempo il messaggio audio è divenuto virale, creando i presupposti del psicosi collettiva, a tal punto che la responsabile si è costituita alla forze dell’ordine, giustificandosi di non pensare che il messaggio, in realtà inviato a delle amiche, si rivelasse così dirompente.
La casa della donna è stata perquisita e tutti gli strumenti informatici presenti sono stati posti sotto sequestro.
Insomma, una bufala che va ad arricchire lo sterminato repertorio già veicolato da internet, dai social e dai “moderni” sistemi di comunicazione, territorio incontrastato di buontemponi, ignoranti, gli infantili,i faciloni e i mitomani che ce la mettono proprio tutta ad incrinare i lati positivi e storicamente straordinari dell’era digitale. Nella più completa incoscienza dei contesti, delle contingenze e della rapidità virale che consente la comunicazione oggi, queste persone
possono provocare non pochi danni, rispetto ai quali il pentirsi, il ravvedersi, lo scusarsi, in molti casi, appare molto più che insufficiente. Non si può, non si deve, e va punito, lo scherzare con il fuoco, ovvero con certi argomenti come il terrorismo, soprattutto in una situazione che, a seguito dell’uccisione del terrorista di Berlino Anis Amri, aumenta stato di allerta in Italia, per possibili ripercussioni. Il livello di attenzione delle forze dell’ordine è massimo come anche è aumentato, ovviamente, e senza nulla togliere agli sforzi di protezione, il senso di insicurezza tra la gente. Poi arriva la signora di Pasian di Prato che, a 43 anni suonati, pensa bene di “giocare con il fuoco”, costringendo autorità e media a fornire sonore smentite ai pericoli vagheggiati.
Nell’articolo apparso sul “Messaggero Veneto” a proposito del fatto, è stata interpellata la criminologa udinese Angelica Giancola, che riferendosi allo stato psichico di persone come quella che ha agito, parla di evidenti problemi personali, che sfociano nella mitomania, facendo leva sul presunto anonimato che offrirebbe la rete… sono azioni che, secondo l’esperta, vanno punite.