26/07/2024

Di Marco Mascioli    

Poste Italiane è una società per azioni. Si occupa di servizi postali, bancari, finanziari e di telecomunicazione, di telematica pubblica, di operazioni di riscossione e pagamento e di raccolta del risparmio postale. Non dovrebbero dimenticare né il loro passato, fondata nel 1862 come azienda autonoma che gestiva in monopolio i servizi postali e telegrafici per conto dello Stato e divenuto in seguito fino al 1998 un ente pubblico economico. Né l’attuale configurazione azionaria che vede il controllo da parte dello Stato italiano per il tramite di Cassa Depositi e Prestiti (35%) e direttamente il Ministero dell’Economia e delle Finanze (29,26%).

Comprensibile per una S.p.A. che il Consiglio d’amministrazione operi alla costante ricerca di profitto per conto dei propri azionisti. Nel caso specifico però, gli azionisti di riferimento dovrebbero, a loro volta, ricordare quali sono gli scopi fondanti della loro esistenza. In base alla Costituzione italiana che sebbene risalente al 1948, è tutt’ora in vigore. Nel primo articolo, tra i diritti fondamentali, recita: L’Italia è  una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Possiamo quindi considerare azionisti unici, degli azionisti principali, i cittadini italiani.

Invece Poste Italiane continua ad agire in netto contrasto con i desideri e le esigenze del popolo italiano, chiudendo sportelli considerati poco proficui, riducendo l’orario di apertura in funzione delle proprie esigenze interne, fornendo servizi (anche tramite le società controllate) che evidenziano la costante non curanza del cliente. Tutto a discapito di coloro che, alla fine dei conti, sono i veri “padroni”: gli italiani.

Quando poi sentiamo che anche Poste Italiane ha dovuto affrontare il Covid con difficoltà, dimostrano semplicemente l’incapacità gestionale di un servizio cui è stato consentito lavorare sempre, facendo percepire stipendi a tutti i dipendenti, a differenza di tanti connazionali che non possono restare aperti, quindi guadagnare, da oltre un anno. Mentre i clienti di Poste Italiane, aspettavano fuori al gelo e sotto la pioggia, perché dentro quasi tutti gli uffici postali, non c’era spazio per mantenere il distanziamento e i Postamat o ATM sono più una rarità che un servizio.

Ma l’ultima vicenda, scoperta grazie a una pagina a pagamento pubblicata su Il Sole 24 ore del 15 aprile scorso, dovrebbe aggiungere incredulità e stupore in tutti noi, se non fossimo italiani (umiliati da sempre).

Si tratta della Blasetti S.p.A., che, riportiamo testualmente:  da oltre 20 anni fornisce a Poste Italiane una rilevante quota delle buste in carta utilizzate per la corrispondenza. Nel mese di gennaio per le future commesse di buste, Poste Italiane ha richiesto delle quotazioni che la nostra azienda non ha potuto raggiungere. Nessun altro produttore italiano è stato in grado di accettare le quotazioni richieste. Solo aziende straniere potrebbero soddisfare la richiesta di Poste Italiane, il fatto non ci sorprende conoscendo la ridotta fiscalità ed il minor costo del lavoro di alcuni paesi stranieri.
In questo difficile anno la nostra azienda, messa a dura prova dal COVID, grazie alla disponibilità dei propri dipendenti, ha continuato a svolgere puntualmente il lavoro a Voi necessario garantendo in tal modo il normale recapito della corrispondenza. Servizio essenziale per la nazione. 
Oggi perdere una fornitura di questa rilevanza ci costringerebbe, dopo oltre 100 anni di attività, ad importanti licenziamenti e a lasciare l’Italia, come hanno già fatto diverse società, dislocando parte della produzione in paesi stranieri. E’ difficile comprendere come Poste Italiane, controllata dallo Stato per il tramite di Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero dell’Economia, possa, in questo drammatico momento dell’economia nazionale, decidere di acquistare all’estero incentivando cosi la delocalizzazione delle aziende con conseguente riduzione occupazionale e mancati introiti fiscali e contributivi a danno dell’Erario.
Inoltre, a livello di impatto ambientale, la nostra produzione in Italia non può essere paragonata a una produzione svolta a notevole distanza che vedrebbe ogni anno centinaia di TIR attraversare l’Europa.
Noi tutti della Blasetti S.p.A. ci rivolgiamo a lei, dr. Del Fante, affinché questa produzione resti in Italia e possa essere garantito il livello occupazionale, augurandoci che ogni mattina gli Italiani possano continuare a ricevere nelle loro case e nei loro uffici buste ancora fabbricate in Italia.  

Considerando improbabile un esito favorevole di tanta pagina, sul più autorevole quotidiano economico italiano, ci siamo sentiti in dovere di sottolineare anche questa informazione.

Del resto riteniamo che questo dovrebbero fare i giornalisti, piuttosto che le previsioni, i giudizi e gli elogi, noi riportiamo le notizie, cioè i fatti accaduti.  

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