In una sala gremita a Palazzo Kechler la presentazione di “E io pago”, il manifesto anti tasse realizzato dal CentroStudi Impresa Lavoro. Sono intervenuti Simone Bressan, Direttore del CentroStudi, Massimo Blasoni, imprenditore e presidente del CentroStudi, Giorgio De Rita, segretario generale del Censis e Salvatore Zecchini, economista e Presidente del Gruppo di lavoro dell’OCSE su PMI e Imprenditoria. Al convegno erano presenti i consiglieri regionali Riccardo Riccardi, Rodolfo Ziberna, Roberto Novelli e Renzo Tondo, gli assessori provinciali Francesca Musto, Marco Quai, il coordinatore provinciale di Forza Italia Ferruccio Anzit e i sindaci Mario Romolo Pischedda (Villa Vicentina), Renzo Francesconi (Spilimbergo), Alberto Comand (Mortegliano), Piero Mauro Zanin (Talmassons). “Nel 1975 – ha ricordato Blasoni – la pressione fiscale era il 20% del Pil, oggi raggiunge il 50%. Lo Stato tassatore ha speso sempre di più senza che i servizi migliorassero. Non si è speso di più per una migliore sanità, sicurezza, istruzione, ma perché lo Stato monopolista impone il costo dei servizi e una parte rilevante delle tasse si è tradotta in spese faraoniche di burocrazia e politica. Rimettere nella disponibilità di famiglie e imprese una parte delle risorse, riducendo la spesa pubblica, è l’unico modo per ripartire”.
De Rita, invece, ha invece analizzato il peso del “lavoro nero”, un sommerso che in Italia “costituisce un potente motore della crescita economica. Le imprese nate negli scantinati e capaci di esportare in tutto il mondo, i lavoratori senza contributi e tutele ma pronti a innovare e a marchiare la qualità del made in Italy sembravano fenomeni destinati a rientrare nella fisiologia, riducendo la vitalità sommersa, ma questo processo virtuoso in 40 anni non è mai partito”. Intanto l’imposizione fiscale cresce, incrementando l’evasione. Sarà possibile uscirne?. Se si guarda al resto d’Europa, l’Italia è ben lontana dal traguardo; dati alla mano, lo ha confermato l’economista Zecchini: “Il lavoratore italiano si vede portare via tra tasse e contributi obbligatori il 42,3% del reddito prodotto, che rappresenta molto più di quanto avviene in media nell’eurozona, ovvero il 37,7%. Le riduzioni sono possibili – ha precisato – ma non sono né indolori, né facili. Andrebbero ricercate con una dettagliata valutazione della ragion d’essere dei tanti rivoli di spesa e inserite in un drastico ridisegno del sistema della pubblica amministrazione”.