Mentre si continua a sentir parlare di peculiarità, di Regione a statuto speciale, della lingua friulana e della necessità di salvaguardare le specialità del nostro territorio, si leggono decreti e leggi nazionali che vanno in tutt’altra direzione.
Da anni minacciano anche di ritirare le tessere per il carburante agevolato, che comunque non evitano le code ai distributori sia in Slovenia, sia in Austria, dove le differenze di prezzo per carburanti, sigarette e alimentari, giustificano ampiamente i peregrinaggi dei residenti in Friuli Venezia Giulia, inversamente proporzionali alla distanza da percorrere per raggiungere il confine. Il fine settimana in particolare è il momento in cui ripensiamo volentieri alle accise che qualcuno aveva deriso, ma ancora sono presenti in ogni litro di benzina, che anziché sparire, assistono all’accumularsi di ulteriori giustificazioni.
Per capire a cosa mi riferisco, le riassumo: la guerra di Abissinia (campagna d’Etiopia) del 1935; la crisi di Suez del 1956; il disastro del Vajont del 1963; l’alluvione di Firenze del 1966; il terremoto del Belice del 1968; il terremoto del Friuli del 1976; il terremoto dell’Irpinia del 1980; la missione in Libano del 1983; la missione in Bosnia del 1996; il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004; il finanziamento alla cultura nel 2011; l’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011; l’alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011; il decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011; per i terremoti dell’Emilia del 2012. Tutti questi balzelli sono fissi, cioè non legati in percentuale al prezzo del greggio, ovvero del prodotto finito, ma rimangono invariati, cosicché non potremo mai apprezzare la riduzione del prezzo al barile, tanto quanto succede in tutti gli altri Paesi del mondo, giacché il carburante incide per meno di metà sul prezzo e non mi venite a dire che la giustificazione è legata ai costi derivanti dall’inquinamento.
Forse non son aggiornato, potrebbe essermi sfuggito qualcosa, ma mi rincuora la prospettiva, già dal prossimo anno, di annoverare anche la tassa di possesso dei veicoli tra le accise presenti nel carburante. Senza dimenticare le imposte di fabbricazione in percentuale, connesse al vero prezzo del carburante e l’IVA al 22 per cento sul totale.
Questo è un problema enorme per tutti i cittadini ma, data la conformazione del nostro “stivale”, la penalizzazione si riflette su tutti i prodotti, a causa dei trasporti. Senza contare che i trasportatori non possono tener testa alla concorrenza degli omologhi oltre confine. Praticamente se i carburanti avessero un prezzo ragionevole e concorrenziale, l’Italia potrebbe pensare veramente al rilancio dell’economia e ne guadagnerebbero tutti sotto ogni aspetto.
Sistemi fiscali differenti per i singoli Paesi d’Europa, diverse norme per i lavoratori e i loro contributi, costi energetici non paragonabili, rendono il nostro il Paese più debole nell’Euroregione. Questo si traduce in accentuazione della crisi economica con chiusura di piccole, medie e grandi aziende, ovvero trasferimenti all’estero o ridimensionamento del personale con licenziamenti.
Sull’argomento ho sentito l’onorevole Mariastella Gelmini.
Marco Mascioli