Sulla pesante vicenda del destino infausto di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A, che riguarda molte tasche tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, in relazione alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto-legge n.99 25 giugno 2017, n. 99. contenente “Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa delle due banche, rilanciamo le considerazioni inviateci dall’avvocato Paolo Emilio Quaggetto, con studio a Conselve in provincia di Padova che, corredando l’articolo di titolo eloquente, così scrive…
Avv. Paolo Emilio Quaggetto
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DECRETO-LEGGE 25 giugno 2017, n. 99. contenente “Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.”, è stata sancita per tutti la fine dei giochi e soprattutto per quegli azionisti e obbligazionisti non senior, che si ritrovano così proiettati per decreto in una “bad bank” i cui contorni non sono ancora delineati nemmeno quelli della massa passiva e di cui è altresì dubbia anche la capacità di individuare una massa attiva , non essendo chiaro nemmeno se potrà disporre delle proprietà immobiliari, o se anche queste siano passate ad Intesa – con l’unica alternativa a questo punto per questi ultimi di insinuarsi nel buco nero del passivo della procedura prevista dalla liquidazione coatta amministrativa LCA. Questa l’attuale prospettiva, salvo modifiche da parte del Parlamento che – come ha prontamente minacciato Banca Intesa – farebbero saltare tutto.
Finiscono anche le già deboli speranze a cui si sono aggrappati, fin da quando è iniziata la vicenda Popolari Venete, da una parte una pletora di associazioni e dall’altra il popolo dei correntisti azionisti obbligazionisti spesso trattati indistintamente con i risultati che sono sotto gli occhi di chiunque.
Numerose sono le perplessità che hanno caratterizzato la vicenda dal suo inizio e fino all’incomprensibile odierno epilogo che vede Banca Intesa acquistare con ‘l’ingente’ esborso di 1 euro, solo la parte buona dei due istituti mentre di ogni altra tossicità se ne accollerà lo Stato (noi) il quale in aggiunta verserà nell’immediato ad Intesa un “fondo spese” di oltre 5 miliardi.
Quindi con inedita sollecitudine per l’Italia, dall’ipotesi “ricapitalizzazione precauzionale di 1,2 miliardi di giovedì scorso si arriva nel giro di 48h alla cessione gratuita della parte attiva delle banche per 1€ ed alla messa in liquidazione della parte cattiva con tanto di approvazione della BCE e “domenicale” pubblicazione in GU del decreto di LCA.
A prescindere dalla scontata osservazione che, a queste condizioni, chiunque potrebbe fare il banchiere, a questo punto l’unica domanda che merita risposta è: quale sia il ‘miglior danno’ tra le due alternative possibili .
A) che il decreto venga confermato integralmente in Parlamento
B) che il Parlamento modifichi il provvedimento e che quindi stando alle parole di Intesa decada l’efficacia del patto.
Rilevo che, paradossalmente, nella prima ipotesi vi sarebbe un quid pluris positivo rappresentato da una inedita proposta di ristoro per le obbligazioni senior che sarebbero rimborsate integralmente dallo Stato (acquistate in area 70 e rimborsate a 100).
Ulteriore rimborso per bond junior da vagliare caso per caso e comunque nell’ambito ‘retail’ (80% burden sharing e 20% verrebbe coperto da Intesa). Per gli azionisti che non hanno aderito alla proposta transattiva tutto rimane come prima se non peggio, visto che cambiano in toto i termini della strategie processuali sia in corso che future.
Se invece il patto, modificato dal parlamento decadesse, ogni asset in capo a Banca Intesa, verrebbe ‘restituito’ alla procedura liquidatoria, e quindi con comprensibili evidenti maggiori incertezze per la liquidazione della massa passiva, così indiscriminatamente aumentata non solo dai creditori, ma anche dal personale delle banche, che si troverebbe tra l’altro senza prospettive lavorative.
Permane ogni precedente perplessità sul mancato accollo del disastro da parte dei responsabili singoli, che nel frattempo hanno dismesso, pare legittimamente, le loro garanzie patrimoniali , e sula mancanza di una legge ad hoc da parte del Parlamento – anche considerando che la prova di tali responsabilità risiede nel verbale di Vigilanza della Banca d’Italia che giurisprudenza considera piena prova dei fatti e giudizi ivi contenuti ove il pagamento delle sanzioni irrogate ai dirigenti e funzionari ed amministratori comporta nella sostanza il riconoscimento delle violazioni accertate.
Tutto ciò a non voler parlare del ruolo di garanzia in capo a CONSOB e Banca d’Italia. che se non intervenuti tempestivamente potrebbero essere considerati fonte di danno se in ipotetico giudizio fosse accertata la loro negligenza.
Quindi game over per tutti anche per quelli che confidavano in mirabolanti promesse “low cost” o di quelli che pensavano di recuperare quanto già perso in sempre più improbabili costituzioni di parte civile negli instaurandi processi penali: processi che non si sono ovviamente ancora instaurati tanto che la competenza è stata trasferita alla Procura di Milano con attuale e fondato pericolo che tutto cada in prescrizione.
Cosa rimane da fare a questo punto?
Il decreto pubblicato in GU può essere impugnato anche dai singoli soci avanti il giudice ordinario competente per territorio, che in caso di accoglimento annulla il decreto con sentenza immediatamente esecutiva.
Tra le competenze dei commissari liquidatori vi è anche la presentazione al PM di una relazione sulle cause della liquidazione e sulle eventuali responsabilità, con facoltà di promuovere le conseguenti azioni di responsabilità comunque già scattate.
La capacità processuale è in capo ai commissari liquidatori con conseguente temporanea improcedibilità di tutte le azioni attualmente pendenti contro le due popolari per i crediti rientranti nella “bad bank”, con conseguente divieto di proporre azioni esecutive e cautelari individuali sul patrimonio delle due società in amministrazione controllata.
Entro un mese dalla sua nomina il commissario provvederà a comunicare ai singoli creditori, risultanti dalle scritture contabili, le somme di loro spettanza e questi entro 15 gg possono far pervenire osservazioni o istanze al commissario. Mentre il termine è di 60gg dalla pubblicazione in GU del decreto, per coloro che non riceveranno tale comunicazione. A ciò si aggiunga che qualora non si possegga già la documentazione del credito, questa documentazione deve essere richiesta alla banca, la quale può prendersi fino a 90 giorni di tempo per la consegna come prevede l’articolo 119 del Testo Unico Bancario. Fatti due conti, sembra evidente che i termini sono – per molti aventi diritto – sostanzialmente già scaduti.
Salvaguardati (apparentememte) secondo le regole del burden sharing depositanti e obbligazionisti senior. Con molto paletti anche categorie di obbligazionisti subordinati junior retail. Perdono tutto gli azionisti delle due banche ad iniziare da Atlante (noi) che vede andare in fumo i 3,5 miliardi investiti.
Pertanto gli azionisti devono quindi rivolgersi a professionisti specializzati in materia bancaria al fine di valutare per ogni singolo caso la fondatezza anche probatoria dei crediti vantati ai fini della loro ammissione al passivo nella procedura di LCA e depositarlo nei brevissimi termini sopraindicati di 15 e di 60 giorni dalla data di pubblicazione del decreto (istanza di accesso al Fondo di Solidarietà entro il 30 settembre per detentori di bond junior: pena la fine di ogni speranza.
Avv. Paolo Emilio Quaggetto