29/11/2023

Di Marco Mascioli

Altro che No Vax e No Green Pass, in qualche modo ci dobbiamo tutelare e mentre alcune classi scolastiche chiudono per quarantena in quasi tutta la regione, l’indice RT aumenta e rischiamo nuove Zone Gialle o peggio, per tutti.

In Austria hanno adottato un’altra soluzione, ben più seria, per non penalizzare chi è vaccinato (o chi ha avuto il Covid negli ultimi 6 mesi): la “clausura” con limitazioni d’accesso a ristoranti, hotel, attività sportive (sci compreso), saloni da parrucchiere, eventi culturali (in teatri e cinema) e sportivi con più di 25 partecipanti e attività di svago, oltre a ospedali e luoghi di cura, sono interdetti per i non vaccinati.

In molti ritengono troppo lievi le restrizioni adottate in Italia, con costi esorbitanti per la sanità, senza alcun distinguo tra vaccinati e non in caso di ricovero. Un paziente Covid, secondo la complessità di cure, presenta un conto dai 9.000 ai 22.000 euro.

Intanto i lavoratori del comparto Sanità, dopo oltre venti mesi in cui sono stati considerati gli eroi che combattevano in prima linea contro la pandemia da Covid-19, facendo turni di lavoro massacranti per salvare vite, ammalandosi per curare chi aveva preso il virus e morendo per salvare gli altri, ora balzano alla cronaca solo perché alcuni non vogliono vaccinarsi. D’altronde sappiamo che avere un titolo di studio non significa essere intelligente e raziocinante.

In realtà si tratta di pochissimi casi, ma giacché uno che urla si nota molto più di mille che rimangono in silenzio a fare il loro dovere, ecco che l’unico argomento diffuso è relativo alle sospensioni, alle collocazioni in aspettativa o al licenziamento dal lavoro per chi non ha il Green Pass. Aggiungiamo alcuni Giudici che, come al solito, fanno ciò che ritengono confermando o annullando i provvedimenti e la notizia è in prima pagina.

Certamente si tratta di cose gravissime: se il personale della Sanità si rifiuta di fare i vaccini è assolutamente deleterio perché esemplare per tutti gli altri. In verità bisognerebbe comprendere che anche tra medici, infermieri e personale che opera all’interno degli ospedali e sui territori, in ambito pubblico e privato, ci sono sicuramente poche teste che si sentono superiori e si considerano liberi di scegliere se farlo o meno. Secondo il Ministero della Salute, il vaccino anti Covid -19 degli operatori sanitari è requisito imprescindibile per svolgere l’attività professionale. Necessario per le nuove iscrizioni all’Albo, deve permanere nel tempo, in ogni fase, pena la sospensione dall’esercizio della professione. Pertanto, la sospensione ex lege dall’esercizio dell’attività professionale per la mancata vaccinazione non può che considerarsi come sospensione integrale e non limitata alle attività a contatto con le persone.

Fermo restando che l’attuale libertà e opportunità di diffusione delle notizie, vere o false che siano, oggi consente di dare risalto anche a ideologie di professionisti “filosofi della domenica” o “tastiero-virologi”,  che basano il loro sapere esclusivamente sul fatto che loro sanno per cui si sentono in dovere di condividere il loro sapere… magari dopo aver letto il primo bugiardino della loro vita.

Ma come si coniugano le ideologie di quei professionisti “altruisti” qualora queste si intrecciano con le norme imposte dai codici di deontologia o dagli aspetti etico-professionali che puntualmente sono sconfessati, dando spazio a misere correnti di pensiero o protagonismi inutili?

Poi c’è l’atavica e incrementale carenza di personale nelle strutture sanitarie pubbliche, sia per la mancanza di concorsi negli ultimi anni, sia per le limitazioni d’accesso all’università nei settori della medicina, dove con i test d’ammissione hanno “segato” per anni tantissimi potenziali sanitari. Tra le motivazioni che tengono lontani i giovani dalle carriere nella sanità italiana, oltre al rischio di non trovare posto nelle strutture vicino casa, c’è l’annoso problema dello stipendio che da anni non è nemmeno lontanamente commisurato all’impegno e alle responsabilità.

Nemmeno dopo quello che è successo a causa del Covid, il governo e i sindacati si stanno preoccupando di remunerarli con quanto gli spetta per migliorare le loro condizioni di lavoro. Non solo dal punto di vista economico diretto, ma anche nella logistica che, come abbiamo saputo e visto tutti, sono stati costretti a rifornimenti incontrollati di dispositivi di protezione individuale, con truffe per mascherine non certificate e strumenti per la respirazione nelle terapie intensive, inventati da maschere subacquee.

La stragrande maggioranza del personale sanitario è dimenticato, ma sempre in prima linea sette giorni su sette. Dovremmo ricordare che i problemi che affliggono loro si riversano su di noi nei momenti in cui ne abbiamo bisogno. Se dobbiamo aspettare anni per una visita o esami clinici nelle strutture pubbliche, ma si risolve tutto pagando profumatamente rivolgendoci all’intramoenia (prestazioni e visite che si svolgono all’interno di una struttura ospedaliera pubblica, ma al di fuori di quello che è il normale orario lavorativo, previo pagamento di tariffe esorbitanti), oppure nelle strutture private, salvando solo i casi di quelle convenzionate per cui si paga comunque solo il ticket, sicuramente oltre alla pessima gestione dei nosocomi, c’è anche la scarsezza del personale. Si tratta di un’arma importante per gli amministratori e i direttori generali, sulla quale basano la quadratura di bilanci e di manovre di rientro da emorragie di denaro pubblico che spesso sono mal giustificate.

Le trattative in corso per il rinnovo contrattuale del comparto Sanità sono nel vivo già da tempo. La pandemia non è ancora completamente alle spalle ma sembra che degli Eroi ci si sia già dimenticati. Si parla di aumenti tabellari ben lontani dal colmare il gap creato negli ultimi 20 anni. Dagli anni ’90 non sono mai state riviste le indennità specifiche, ora nemmeno considerate.

Gli infermieri in Italia sono circa 450.000. Spaventa l’idea che daranno poche briciole a tutti e un vero aumento a chi è meno numeroso. Per comprendere la situazione concreta abbiamo sentito Stefano Giglio, infermiere presso L’azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale e Presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Udine.

La spesa per quelli che si ammalano di Covid ammonta a 70 milioni di euro al mese. Lo ha calcolato sulla base dei dati ufficiali l’Alta Scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’università Cattolica per il periodo metà agosto-metà settembre di quest’anno. Per la precisione ogni paziente ricoverato in un reparto normale sarebbe costato alla Sanità pubblica 709 euro al giorno, mentre uno in terapia intensiva 1680 euro. Forse sarebbe appena il caso di considerare norme più severe e concrete per uscirne fuori o vogliono continuare a prendere in giro chi ha fatto il vaccino, magari estendendo la durata del Green Pass da test a qualche settimana?

Nessun vaccino o medicina ha il 100% di copertura garantita, probabilmente nemmeno il vaccino contro il vaiolo, messo a punto da Edward Jenner nel 1796. Ma è garantito che il tampone o qualsiasi altro test con esito negativo ha una certezza limitata all’istante in cui viene eseguito. Nemmeno un secondo in più. Dovrebbe valere per il passato, non per i giorni successivi.

Ci sarebbe da considerare anche e soprattutto chi, sebbene senza Covid, è stato ed è tutt’ora in attesa di visite mediche ed esami di qualsiasi genere (oculista, diabetologo, cardiologo, oncologo tanto per fare qualche esempio), dato che in alcuni casi già si doveva attendere anche oltre un anno dalla prenotazione e ora i tempi sono più che raddoppiati. Questi però sono problemi risolvibili rapidamente per chi è disposto a pagare profumatamente medici che sanno ben gestire gli ambulatori e cliniche private, senza alcun interesse di migliorare le strutture pubbliche.

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