Di Marco Mascioli
In Italia dovremmo essere abituati alla doppia funzione dei luoghi di culto. Le basiliche, le chiese e la Città del Vaticano per prima, sono luoghi ove professare la religione, ma in cui si possono anche ammirare bellezze artistiche tra le più importanti. Sono spesso le stesse costruzioni architettoniche a essere pregevoli, con colonnati, archi, mosaici e affreschi che meritano d’esser contemplati, a prescindere dal nostro credo.
Chi ha girato il mondo lo sa bene: non è necessario cambiare religione per considerare interessanti e quindi visitare le moschee, le sinagoghe, i templi o qualsiasi altra struttura artistica che nella stragrande maggioranza dei casi è culto e cultura contemporaneamente.

Questo è uno dei motivi per cui lo Stato italiano ha da sempre giustificato importanti elargizioni a favore della chiesa cattolica, vista come custode di importanti opere disseminate in tutto il Paese, oltre alle offerte degli italiani stessi nei confronti di un’organizzazione religiosa che, nonostante tutti gli aspetti negativi, continua ad affrontare spese importanti per la tutela di beni artistici anche millenari. Ma da alcuni anni, si può destinare parte dell’Irpef tramite la dichiarazione dei redditi, anche.
In Italia ci sono tante altre fedi religiose che hanno le loro sedi, ma quasi mai si tratta di opere di rilevanza storica e artistica, ciò non toglie che all’interno possono contenere oggetti di rilevanza culturale oltreché religiosa. Il caso più eclatante, di cui si è sentito parlare poco in verità, è a Genova. In un palazzo dei Rolli nella Galleria Spazi Temporali, in piazza delle Vigne, dal 1993 un rarissimo mandala di sabbia permane in funzione di una deroga speciale concessa direttamente dal Dalai Lama.

Lo spettacolare Mandala della Compassione, che richiese un mese di lavoro da parte di cinque monaci tibetani e la cui esistenza è determinata da una dispensa particolare del Dalai Lama, ora è sotto sfratto e rischia di essere distrutto.
Abbiamo sentito parlare tutti dei Mandala e li abbiamo visti magari in foto o riprodotti su fogli o pietre. Spettacolari disegni, che fanno parte di molte religioni orientali e che pare abbiano il dono di rasserenare.
Un Mandala è un oggetto, un disegno sacro, in cui le forme quadrate, triangolari e circolari, sembrano fondersi. A volte celano, in altre rivelano, simboli come la ruota, l’albero, il fiore, il gioiello. Tutti icone della mente del Buddha. Quello di Genova è costituito da granelli di sabbia colorata, senza l’uso di colla, posati con grande pazienza uno vicino l’altro.
Utilizzato per scopo rituale o meditativo, rappresentazione dello stesso universo, un mandala è costituito da cinque elementi fondamentali: terra, acqua, fuoco, aria, spazio. La terra (giallo) è l’elemento che da la vita, l’acqua (bianco) la armonizza, il fuoco (rosso) la matura, l’aria (verde) la anima e lo spazio (blu) la accoglie. Il fine ultimo della realizzazione è quello di mettere in relazione il centro del corpo con la sua periferia, di ristabilire il rapporto tra le parti componenti la nostra interiorità.
Nel 1993, grazie all’interessamento dell’Associazione per la Divulgazione delle Opere d’Ingegno presieduta da Pino Cavanna, cinque monaci tibetani visitarono Genova e realizzarono due mandala. Il primo fu fatto a Palazzo Ducale e richiamò oltre venticinquemila spettatori, ormai quasi trent’anni fa ed è stato il primo evento di massa a Palazzo Ducale, con code all’ingresso di spettatori paganti per assistere alla realizzazione del mandala di Kalachakra. Come previsto dal rito Buddista Tibetano, per simboleggiare la temporaneità di tutti i fenomeni, poi fu disperso nelle acque del Porto Antico di Genova.
Il secondo mandala, realizzato in segno di ringraziamento alla città, per la cui creazione necessitò circa un mese, ebbe dispensa direttamente dal Dalai Lama e non fu cancellato.
Ora, a seguito di un contenzioso condominiale, il mandala è sotto sfratto, nonostante l’interessamento del prof. Vittorio Sgarbi, del Sindaco della città metropolitana di Genova Marco Bucci, dell’assessore comunale di Genova alle politiche culturali Barbara Grosso, del ricorso presentato dallo stesso Pino Cavanna e della petizione al Ministero per i Beni e le Attività Culturali perché il bene sia messo sotto tutela, anche tramite web http://chng.it/6rkjScnqqZ
Distruggere le opere d’arte non dovrebbe far parte della nostra cultura e soprattutto la cancellazione di un’opera rarissima, donata, non dovrebbe passare inosservata. Invece in questo particolare caso potrebbe essere, la cosa più semplice prima di tutto, ottenere il “vincolo” (da parte della Soprintendenza / MiBact) quale atto senza troppe implicazioni. Mentre la soluzione di poterlo spostare in un’altra sede, foss’anche a cura di una ditta specializzata, non è in alcun modo praticabile; giacché la “sabbia”, nello spostamento, modificherebbe la sua posizione e, di fatto, altererebbe la stessa rappresentazione grafica facendone perdere irrimediabilmente tutto di suo originario significato. Per questo specifico motivo la “Assodoi” è alla ricerca di un “fisico” (specialista in “dinamica dei fluidi”) che possa darne una dimostrazione scientifica. Nel contempo, la “Assodoi”, è alla ricerca di un broker che possa trovare un’assicurazione che voglia sponsorizzare, con una copertura adeguata, il “Mandala della Compassione”.

Sebbene in questo periodo di pandemia da Covid-19 ci sia attenzione quasi solo per il virus e i relativi vaccini, dovremmo considerare che anche la cultura avrà un ruolo fondamentale per la ripartenza dell’Italia e un mandala così importante nella nostra nazione rappresenterebbe l’ennesimo punto d’interesse per il turismo, non appena si potrà riaprire.
Certo non rassicura pensare che siamo governati da chi considera teatri, cinema, concerti e spettacoli i primi luoghi da chiudere per l’emergenza, ma la speranza e la fede (nel senso di fiducia), come si dice, sono gli ultimi a morire.