La situazione della copertura con la connettività della rete fissa ADSL nel nostro Paese, fuori dai grandi centri urbani, è inaccettabile. In Slovenia, Austria e Croazia hanno fatti passi da gigante sfruttando le opportunità dei contributi europei.
In alcune zone del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, quelle caratterizzate da tanti paesini e poche città, che siano al mare, in pianura o in montagna, sono passate dal primato europeo se non mondiale di utilizzo delle apparecchiature elettroniche detenute, all’ultimo posto per quanto concerne la rete di connessione a internet cablata. Seppur vero l’incremento e il potenziamento dell’area di copertura con ponti radio per la connettività GPRS e sue evoluzioni 3 G, 4 G o LTE che dir si voglia, rimangono differenze di tariffe esorbitanti rispetto alle linee fisse. Avere l’ADSL flat, quindi senza limiti, 24 ore su 24, significa una spesa notevolmente inferiore alle linee mobili che d’altronde dovrebbero servire ad altri scopi su apparati come gli smartphone quando siamo fuori casa o fuori ufficio. L’amministrazione di Bertiolo, comune del Medio Friuli, con il sindaco Mario Battistuta e l’assessore alla cultura e politiche giovanili Cristian Virgili ha organizzato un incontro pubblico presso l’auditorium comunale sul tema: Banda larga – situazione, prospettive e opportunità per il territorio.
Tra gli invitati c’era l’on. Paolo Coppola della Camera dei Deputati e presidente del tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale italiana che ha presentato la banda larga come opportunità di sviluppo nella visione di governo e regione Friuli Venezia Giulia. Con grafici e statistiche alla mano, ha parlato della scarsa conoscenza di internet nelle zone preminentemente agresti del Medio Friuli. Sembrava quasi dicesse che il problema non è nella mancata distribuzione della rete ADSL, bensì nella scarsa richiesta di allacciamenti. Poi si è chiarito che aziende come Telecom non possono prescindere dalle opportunità di rientro degli investimenti. In aree scarsamente dense di residenti, non risulta conveniente aggiornare gli apparati di distribuzione in quanto estremamente costosi.
David Licursi direttore divisione Demand & Projects di Insiel S.p.a. (società soggetta all’attività di direzione e coordinamento da parte della regione autonoma Friuli Venezia Giulia) ha raccontato che dopo aver provveduto alla posa della linea in fibra ottica che raggiunge praticamente tutti i municipi della regione, si è provveduto a indire aste per l’aggiudicazione allo scopo di procedere con la realizzazione delle connessioni con le abitazioni e le aziende del territorio. Questo si è concretato in breve tempo per le aree più densamente abitate, mentre rimane ancora in sospeso per alcune zone importanti della regione che rappresentano la maggioranza del territorio.
Telecom Italia, TIM, TIN, TIR o come si vogliono far chiamare oggi quelli per i quali l’importante è confondere le idee. Un’azienda che ha passato negli anni diverse configurazioni: da pubblica a privata; da italiana a straniera. La storia di Telecom Italia, passa dalla privatizzazione del 1997. In origine era la Stipel (probabilmente dimenticata la cui fondazione risale al 1925), negli anni ’60 divenne SIP, per poi trasformarsi in Telecom Italia nel 1994, con la fusione con le quattro società di telecomunicazioni esistenti allora (oltre la STIPEL di Torino, la TIMO di Bologna, la TETI di Firenze, la TELVE di Venezia e la napoletana SET).
Bastarono tre anni e, nel luglio del 1997, col presidente Guido Rossi, la società approda in Borsa a 10.902 lire per azione (5 euro circa, oggi ne vale 0,85 circa). Poi ci fu il boom dei titoli legati a informatica e telecomunicazioni per cui raggiunse valori inauditi consentendo agli azionisti fortunati di raggiungere i 6 euro per azione nel 2000. Secondo alcuni bancari il titolo sarebbe dovuto salire ben oltre i 20 euro (molti di questi lavorano ancora in banca).
Lo Stato uscì quasi completamente (prima mantenne il 3,5% del capitale poi solo la cosiddetta golden share, ancora in vigenza) e al suo posto subentrarono investitori italiani (capofila gli Agnelli, poi Emilio Gnutti, Roberto Colaninno e altri 180 imprenditori del nord) che, con l’appoggio di fatto del governo di Massimo D’Alema (che blocca l’alleanza con Deutsche Telekom proposta da Bernabè), danno l’assalto al gruppo con un’offerta pubblica di acquisto finanziata indebitandosi, arrivarono al 51% del capitale. Il controllo di Telecom Italia passa dal mercato coinvolgendo anche i piccoli azionisti.
La buona gestione costò la bellezza di 61 miliardi di lire che furono addossati alla società sotto forma di debiti. Lo snellimento iniziò con Colaninno che mise in vendita Meie, Italtel e Sirti, consentendo loro di guadagnare (la finanziaria lussemburghese Bell che deteneva il controllo di Telecom, aveva riportato una plusvalenza di 1,5 miliardi di euro).
Marco Tronchetti Provera non riuscì a trovare l’appoggio del governo a un piano di riorganizzazione del gruppo e di fronte all’impossibilità di procedere, così Pirelli lascia il timone. A marzo del 2007 viene dato l’annuncio e inizia la bagarre: molti gli stranieri interessati come At&t e America Moviles. Il governo si oppone: Telecom Italia costituisce un asset strategico dello Stato non può passare in mani straniere (sulla rete di telecomunicazioni passano infatti informazioni rilevanti economiche e militari).
Telecom Italia diviene sempre più vicina alla SIP prima maniera ma oggi vanta oltre 35 miliardi di debiti (debito finanziario lordo rettificato al 30 settembre 2015), con una tendenza all’aumento di circa un miliardo l’anno. Insomma tanti padroni sono passati, ma una sola costante: vendere gli asset e incassare, mentre i debiti non sono un loro problema.
Dopo aver considerato con chi abbiamo a che fare, torniamo agli aspetti tecnici, dato che alla fine possiamo piangere per quello che hanno fatto finora, ma sperare che almeno portino le linee con l’ADSL. L’Italia risulta ultima in Europa occidentale per quando concerne la velocità di connessione.
Ci sarebbero stati anche fondi europei molto interessanti per completare la rete nazionale e nazioni come la Slovenia ne hanno approfittato per raggiungere anche i cucuzzoli delle montagne, mentre noi abbiamo ancora una copertura inferiore al 40 % del territorio che in Friuli Venezia Giulia è sicuramente di molto inferiore.
A Bertiolo per Telecom Italia c’erano sia Paolo Di Bartolomei, responsabile dei rapporti con le istituzioni di Telecom Italia per le tempistiche e modalità di attivazione e ampliamento del servizio ADSL, sia Sergio Bonfini responsabile per lo sviluppo della rete in Friuli Venezia Giulia e Veneto Orientale di Telecom Italia. Da come hanno impostato la loro relazione, il tentativo di generare compassione non è sfuggito a nessuno: come possono investire migliaia di euro in luoghi ove non si prospetta un rapido rientro dei capitali per la scarsità di utenti? Unica soluzione chiedere altri contributi statali per il tramite della Regione allo scopo di ammodernare la rete con queste costosissime apparecchiature.
Gli spettatori presenti erano in buona parte provenienti dalle frazioni e dai comuni di tutta l’area, così una delle preoccupazioni maggiori era se questo “incontro spettacolo” organizzato a Bertiolo, fosse esclusivamente dedicato al territorio comunale o l’intenzione sia di risolvere i problemi di carenza in tutto il Medio Friuli. Solo grazie alle domande dirette poste dal pubblico, molto astuto e attento a non farsi raggirare ulteriormente, abbiamo ottenuto una scadenza a questa farsa: entro agosto 2016 tutta l’area del Medio Friuli sarà connessa via ADSL. Aspetto importante è che il progetto di posa coinvolgerà da Basiliano a Camino al Tagliamento, da Sedegliano a Varmo, tutti i comuni e le frazioni. Le prestazioni saranno inversamente proporzionali alla distanza dal municipio, cioè maggiore la strada da percorrere con i cavi e minore la velocità, rimanendo comunque accettabile e sempre meglio del nulla che abbiamo adesso in molte zone.
Marco Mascioli