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In Italia del Venezuela se ne parlava poco, era considerato uno dei tanti Paesi al mondo, con i suoi problemi, le sue virtù (leggi petrolio), le enormi differenze con gli Stati americani, principalmente dal punto di vista economico.
La moneta ovviamente è la principale responsabile della situazione sociale e in Venezuela, da quando nel 2014 il prezzo del greggio ha subito un forte calo, la situazione sta peggiorando sempre più. Le scelte economiche per fronteggiare la crisi in Venezuela mi hanno ricordato alcune asserzioni di economisti da bar in Italia: per risolvere tutti i nostri problemi dovremmo uscire dall’Euro e stampare di nuovo la lira, dicevano. Come se si potesse tornare all’indipendenza economica senza curarsi delle relazioni cambistiche internazionali. Così hanno fatto in Venezuela, prima inventandosi una criptovaluta tutta loro e poi ciclostilando le banconote in quantità industriale. Tutto inutile.

L’economia reale è fatta dalla capacità di gestire gli scambi interni e internazionali con la legge del commercio: il rapporto tra richiesta e offerta. Loro hanno il 95% delle esportazioni basato sul petrolio, calato il valore del bene, sono calati gli introiti. Puoi stampare tutte le monete che vuoi, ma è lapalissiano che se nessuno compra, nessuno vende. Il PIL del paese si è contratto del 30%, mentre l’inflazione sta raggiungendo cifre che superano il milione percentuale. La produzione petrolifera nazionale è crollata da 2,5 milioni di barili al giorno nel 2015 a 1,1 milioni di barili a novembre scorso, riducendo di conseguenza sia l’accesso a valuta estera, indispensabile per finanziare le importazioni, sia le entrate nelle casse pubbliche.
I venezuelani stanno subendo ripercussioni tremende. Sono venuti a mancare beni di prima necessità come medicinali e cibo, costringendo all’emigrazione più di 1 milione e 300 mila venezuelani, dal 2015 a oggi.
Dal 23 gennaio di quest’anno il leader dell’opposizione e capo dell’Assemblea nazionale Juan Guaidò si è autoproclamato “presidente ad interim” del Venezuela, sfidando apertamente il capo di Stato Nicolas Maduro, risultato vincitore anche delle ultime elezioni, giacché In molti hanno contestato i risultati delle urne, accusando il governo di brogli.

Juan Guaidò, che fino a poche settimane fa era un perfetto sconosciuto, o quasi, ingegnere di 35 anni, ex deputato dello stato costiero di Vergas, lo scorso 5 gennaio è diventato presidente dell’Assemblea Nazionale, il Parlamento fondato dopo le elezioni del 2015 e controllato dalle opposizioni.
Dalla Francia agli Stati Uniti, aumentano i capi di Stato che prendono posizione contro Nicolas Maduro. Anche Bruxelles lancia un appello a sostegno dell’Assemblea nazionale venezuelana.
Evidente che tutto nasca da una gestione finanziaria sbagliata che in tanti anni non ha saputo far altro che peggiorare l’economia del Paese. Questo ha generato il malessere della popolazione sempre più povera e negli ultimi vent’anni si sono susseguiti colpi di stato e rivolte. Nel 2002 è stato ordito un colpo di Stato contro Hugo Chávez, da parte di settori dell’imprenditoria, del sistema comunicativo, di alcuni militari e con il coinvolgimento di potenze straniere. Il colpo di Stato è fallito in seguito alla fedeltà costituzionale di importanti settori dell’esercito e alla mobilitazione popolare in suo sostegno . Chavez è morto di cancro nel 2013 e il suo posto è stato preso da Nicolás Maduro, uno dei suoi più fedeli sostenitori.
Sotto il governo di Maduro sono emersi gravi problemi economici, secondo la maggioranza degli analisti internazionali e dei media, derivanti dalle politiche economiche di Chavez continuate da Maduro, ma anche dovuti alle dure sanzioni economiche imposte dagli Usa che causano rilevanti difficoltà all’acquisto dei beni di prima necessità e di medicine, oltre al blocco dei conti come avviene per lo stato islamico ed altri gruppi terroristici, che hanno portato a razionamenti e scarsità anche di generi di prima necessità.
Da tempo ormai sono sempre in aumento i venezuelani che emigrano in Italia, lasciando situazioni con poca speranza di miglioramento. I numeri parlano chiaro: nel 2012 erano 4.787; nel 2013 5.138; 2014 5.506; 2015 5.642; 2016 5849; 2017 6.327. Costante aumento delle immigrazioni di circa 4/500 persone, ma che durante lo scorso anno sono arrivate a 7.347, quindi oltre mille immigrati in più rispetto l’anno precedente. In Friuli Venezia Giulia, nello stesso periodo 2012 – 2018 sono stati quasi un migliaio i nuovi residenti provenienti dal Venezuela.
Una situazione drammatica che speriamo si risolva presto. Un Paese che non ha saputo sfruttare le bellezze naturali dal punto di vista turistico (il Venezuela si affaccia sul Mar dei Caraibi e ci sono cascate e montagne stupende), sedendo sugli allori del petrolio.
Marco Mascioli