Non sarà più possibile effettuare perforazioni nel Golfo di Venezia in quanto sussistono pericoli di subsidenza delle coste. La norma prevista dal Governo è pertanto “irragionevole”.
Lo afferma, nella sentenza n. 170 del 12 luglio 2017, la Corte Costituzionale accogliendo il ricorso proposto dalla Regione Veneto contro la norma rivolta a permettere la riattivazione delle attività petrolifere davanti alla Laguna di Venezia, e ha così dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 38, comma 10, del d.l. n. 133 del 2014, che aveva concesso al Ministero dello sviluppo economico, di concerto il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, pur sentite le Regioni interessate, di autorizzare l’effettuazione di progetti sperimentali di ricerca e coltivazione di giacimenti di idrocarburi per un periodo non superiore a cinque anni, in zone di mare localizzate nel mare continentale e in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi.
“Si tratta di uno straordinario successo – ha commentato il Presidente della Regione Veneto – in quanto il nostro ricorso è arrivato dove non era arrivato il referendum contro l’espansione delle attività estrattive in mare che fu votato nell’aprile dello scorso anno e malgrado i vari edulcoramenti che il Governo ha apportato all’art. 38 al fine di rendere inoperanti i quesiti referendari e superare le varie censure di incostituzionalità dell’art. 38 che noi, come altre regioni avevano sollevato contro una disposizione più ingiusta e pericolosa che utile agli interessi nazionali. Una volta di più abbiamo avuto successo nel difendere le coste e la città di Venezia dal rischio di patire un ulteriore inabissamento nei prossimi anni a fronte di interessi, anche economici, di gran lunga meno meritevoli della tutela della città e della costa”.