Tanti gli spunti dalla tavola rotonda con Dario Di Vico svoltasi durante la premiazione della prima edizione di STARTUP FVG.
Marco Gay, Presidente Giovani Imprenditori di Confindustria ha sottolineato la necessità di individuare investimenti strutturali per le «aziende che potrebbero essere i campioni nazionali del domani», individuando nelle start-up questo specifico ruolo. «È fondamentale garantire alle imprese denaro per crescere ma anche spazi per progredire, altrimenti si calcificherà la tendenza per cui una volta nata da un incubatore o da un gruppo di ricercatori, per potersi sviluppare, la start-up dovrà andare a cercarsi i finanziamenti all’estero. E quando, per svilupparsi, si è obbligati a girare il mondo, significa aver già perso l’azienda. Le start-up – ha detto ancora Gay – dovrebbero nascere con una forte propensione non tanto a fare fund raising, quanto a diventare industria. Se la ricerca è la monetizzazione dell’idea, dell’impresa resterà ben poco, anzi nulla». Il Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria ha detto anche che la nascita di nuove impr ese che restano radicate sul territorio è antidoto alla fuga di cervelli.
Giuseppe Graffi Brunoro, Presidente Federazione BCC FVG ha parlato di «idee, qui oggi, che possono diventare imprese, industrie, sul nostro territorio.” Spesso gli imprenditori pensano all’istituto di credito differentemente rispetto a ciò che le banche possono, per fortuna, fare. Il ragionamento di Gay è apprezzabile sul concetto differente tra fare impresa o affari. Soprattutto, dopo tanti anni di moria, c’è bisogno di uno sguardo che vada oltre il breve termine. Valutare la complessità di business nuovi e l’imprenditore nella sua capacità di valutare cose che non esistono – ha aggiunto – non è facile per nessuno. La banca deve arrivare quando l’imprenditore ha messo a disposizione del valutare gli elementi necessari, quando il business plan è maturo.
Per Guido Nassimbeni, Presidente di Friuli Innovazione, «in ambito farmaceutico lo sviluppo autonomo non è praticabile, però se l’exit fosse domestico allora sarebbe il mercato interno a poter godere di quest’uscita. Il nostro sistema industriale dovrebbe meglio ibridarsi col sistema dei Park Science e degli Incubatori, se ciò avvenisse la strategia di uscita sarebbe accettabile».
Del ruolo del CRO ha parlato Piero Cappelletti, Direttore Generale dell’Istituto: «La nostra missione è la medicina traslazionale, trasportare cioè i contenuti di conoscenza nell’industria. Cerchiamo in questo senso un rapporto diretto con l’industria attraverso un interesse diretto dell’Istituto . Abbiamo prodotto una serie di brevetti e tre spin-off nonostante le grandi difficoltà che abbiamo, anzitutto legislativa. Rientriamo nella sanità – ha aggiunto Cappelletti – e siamo governati da quelle leggi, non da norme universitarie. Siamo soggetti alle grandi norme pubbliche – non possiamo essere minoranza in una società, non possiamo avere perdite a bilancio e dobbiamo rispettare il codice degli appalti. C’è in corso al ministero un riesame della q uestione perché o si superano questi gap o è tutto molto difficile. Nonostante questo, qualcosa siamo riusciti a fare».
Roberto Della Marina, Vice Presidente Area Science Park, ha detto che «è cambiato scenario e modello di business dei Parchi che sono una palestra in cui si accelerano tutti i processi, anche di nascita crescita e morte delle imprese. Se una volta il Parco era un’aggregazione tematica di imprese affini – ha sottolineato Della Marina – ora è una aggregazione di stakeholder, di persone che nella catena del valore potranno avere un interesse nello sviluppo dell’idea».