23/07/2024

“Le istituzioni scolastiche e le famiglie hanno strumenti sufficienti per insegnare e trasmettere i valori del rispetto e della diversità. Ogni altra iniziativa sul tema rischia di essere solo un indebito indottrinamento”.

Lo ha dichiarato l’assessore regionale a Lavoro, Formazione, Istruzione, Famiglia, Ricerca e Università, Alessia Rosolen, in merito alla decisione di recedere dalla rete nazionale delle
Pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere (Re.a.dy).

Si tratta di una posizione assunta dalla Giunta, su proposta da Rosolen, nel quadro di un complessivo riesame delle politiche regionali relative ai temi dell’inclusione sociale, delle pari
opportunità e della non discriminazione.

Ciò anche in considerazione del fatto che la rete Re.a.dy, fondata nel 2006 su iniziativa dei Comuni di Torino e Roma, ha approvato nel 2017 un documento dichiarato vincolante per i
partner che prevede una serie di attività, anche amministrative, aventi a oggetto esclusivamente le tematiche attinenti a LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).

La Giunta ritiene, invece, che le categorie da tutelare attraverso l’azione delle strutture regionali siano molteplici e che debba avviarsi una riflessione in merito al bilanciamento delle azioni a beneficio delle categorie più svantaggiate verso il conseguimento delle pari opportunità.

L’amministrazione regionale si riserva, quindi, di prendere in considerazione anche nuove e diverse istanze sociali per porre in essere un piano di intervento che assicuri la rimozione degli
ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini.

Rosolen ha ricordato, tra l’altro, che esistono già qualificati strumenti regionali per la tutela, anche legale, delle discriminazioni, tra cui il Garante regionale del diritto della persona, istituito nel 2014 presso il Consiglio regionale, organo che svolge importanti funzioni di assistenza alle vittime di atti
di discriminazione e può operare nei confronti di chiunque sia destinatario di comportamenti lesivi dei diritti determinati in ragione di identità di genere o orientamento sessuale.

A seguito della decisione della Regione le associazioni LGBT del Friuli Venezia Giuliahanno preso posizione con uan nota di cui forniamo sintesi:

Le associazioni che firmano il presente comunicato intendono esprimere la loro indignazione per una decisione ideologica, del tutto aliena dalla realtà. Dinanzi alla drammatica situazione italiana in cui le persone LGBTI+ si trovano a vivere, occorrerebbe aumentare gli strumenti di contrasto della discriminazione e non ridurli.

L’indagine, presentata lo scorso 8 aprile, da Amnesty International ‘Gli italiani e le discriminazioni’, realizzata in collaborazione con Doxa, ci descrive una realtà preoccupante. Secondo questo studio, il 40,3% delle persone LGBTI+ afferma di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24% a scuola o in università mentre il 22% sul posto di lavoro. Una ragazza o un ragazzo su due, tra gli 11 e i 17 anni, ha subito episodi di bullismo e circa il 20% ne è vittima assidua, cioè subisce prepotenze più volte al mese. Secondo i dati Istat, il 22% delle ragazze e dei ragazzi che utilizzano internet e smartphone (oltre il 90%) sono derisi e umiliati in rete.

Questa è la realtà che le persone LGBTI+ e soprattutto gli adolescenti si trovano a vivere, come constatiamo quotidianamente attraverso le numerosissime segnalazioni che giungono ai nostri sportelli.

Evidentemente le istituzioni e le famiglie non sono in grado da sole di dare risposte risolutive.
Le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, l’espressione e l’identità di genere, figlie di una tradizione culturale che per essere modificata ha bisogno del lavoro congiunto di tutti i possibili attori sociali al fine di creare un circolo virtuoso di collaborazione e di buone prassi: esattamente quello che negli anni ha fatto la Rete Re.a.dy.

Non ci sono discriminazioni peggiori o più comuni di altre. Le ragioni per discriminare spesso si sovrappongono. Eppure solo cercando di riconoscer ogni violenza e discriminazione nella sua specificità, senza approssimazioni generalizzanti, si può elaborare una strategia d’intervento efficace.

Il principio di uguaglianza espresso nella nostra Costituzione non ha colore politico ed è un dovere porre in essere politiche antidiscriminazione a prescindere dall’appartenenza partitica.
L’Amministrazione Regionale ha pertanto il dovere costituzionale di garantire il benessere di tutti gli abitanti del territorio.

In questo quadro la decisione di uscire dalla Rete Re.a.dy appare ancor di più incomprensibile e pericolosa, dal momento che chi discrimina e perpetra ogni tipo di violenza nei confronti delle persone LGBTI+ si sentirà ancora più legittimato a perseverare in pratiche aggressive e discriminatorie.

Yuuki Gaudiuso per Associazione Universitaria Iris
Antonella Nicosia per Arcigay Arcobaleno Trieste Gorizia
Nacho Quintana Vergara per Arcigay Friuli
Angela Cattaneo per Lune
Maria Grazia Sangalli per Rete Lenford

Share Button

Comments are closed.