Per parlare di Cina e di Via della Seta come opportunità o trappola, il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale Adriatico Orientale Zeno D’Agostino e il direttore dell’agenzia Asianews,Padre Bernardo Cervellera, sono stati ospiti a Udine, presentati dal prof. Tommaso Piffer in un incontro del ciclo di approfondimenti Friulistoria, organizzati con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia, Fondazione Friuli , Comune di Udine, Università di Udine, Danieli e Poste Italiane. Un passaggio dell’intervento di Zeno D’Agostino….
Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale e vice presidente dell’European Sea Ports Organisation (ESPO), ha individuato a suo parere una tendenza di Stati e Nazioni, in specie di quelli con inclinazioni autoritarie, a volersi riapppropriare del pieno controllo dell’economia, quando invece sembrava che il mondo fosse in mano alle nuove multinazionali del commercio e del digitale. Dazi e guerre commerciali ne sono la conseguenza e diventeranno la regola. Dobbiampo prepararci ad un mondo meno aperto. In quanto ai cinesi, è limitativo pensare che siano solamente sinomimo di soldi, perché i loro funzionari hanno grandi capacità manageriali, superiori a quella che spesso sappiamo esprimere nell’ambito della nostra amministrazione pubblica. Noi non avremo bisogno dei soldi cinesi se saremo in grado di trasformare la democrazia in un sistema efficiente. Per quel che riguarda, in particolare, la portualità italiana, essendo i porti strategici e cerniera tra territorio e mondo – ha rimarcato D’Agostino, questi vanno governati da soggetti pubblici efficienti e non dai privati, che dilaterebbero gli spazi di manovra per i capitali esteri, e cinesi in particolare. Putroppo, invece, ragioniamo in controtendenza, continuando a ridurre il settore pubblico a beneficio delle mire esterne. A questo proposito scordiamoci lo stereotipo che i cinesi sono comunisti , in quanto rappresentano ,invece, la nuovo forma del capitalismo di stato. Di fronte a ciò è necessaria in Italia come in Europa una revisione totale del ruolo del Pubblico nell’economia e sia il nostro Paese che Europa devono uscire dalle visioni legate a Bretton Woods e, in un contesto
di lanci e rilanci delle potenze nelle guerre commerciali, l’Europa che sta nel mezzo, deve smetterla di continuare a bacchettare gli stati che la compongono se decidono di fare economia e competere a livello globale. Sollecitato dalle domande del pubblico D’Agostino ha detto che se i meccanismi centralistici della Cina possono anche rendere lenti i processi decisionali interni, questo non avviene quando le aziende statali cinesi si muovono nel contesto internazionale, essendo rappresentate dai migliori e giovani manager cinesi, capaci di progettualità, pragmaticità, velocità, suggerendo il lato flessibile e meritocratico della Cina. Giovani manager che si siedono al tavolo delle trattative avendo spesso di fronte rigidità e senso di inferiorità degli interlocutori istituzionali della parte occidentale, formatisi sui libri di management di 20-30 anni fa, un mondo di regole condivise che oggi non c’è più. E così abbiamo un’Europa-continua D’Agostino- che non capendo queste evoluzioni, pensa ai porti e autorità portuali non come enti pubblici ma come imprese che devono passare le tasse, e così facendo ne limita lo sviluppo, mentre invece nel vicino
Marocco, le autorità governative riempiono di benefit chi vuole investire nella portualità. Il denaro pubblico che arriva ad una autorità portuale per lo sviluppo del porto é denaro che lo stato da a sé stesso ma se il porto viene considerato impresa dall’Europa , questo denaro può essere bloccato da Bruxelles in quanto aiuto di stato che infrange le regole della concorrenza. con questa visione vecchia di 40 anni rispetto al mondo di oggi, il non voler comprendere il ruolo che gli stati hanno nell’economia odierna, ci renderà simili a Gibuti o alla Sri Lanka e quando arriveranno i soldi pubblici dei cinesi ( sui quali invece l’Europa non dice nulla) noi saremo costretti a prenderli perché il nostro stato non ce li può dare. Sul porto di Trieste in particolare, D’Agostino ha ricordato il lavoro fatto per renderlo attrattivo, attraverso un nuovo piano regolatore che agevola gli investitori. Per quel che riguarda la Via della seta, in realtà i cinesi non hanno investito a Trieste neanche un euro.
Ma è altrettanto vero che l’aver inserito Trieste nella Via della seta – ha ricordato D’agostino all’ambasciatore cinese in visita a dicembre nel capoluogo regionale – ha procurato una eccezionale visibilità al brand Trieste ed oggi gli investitori sono in fila.
Cervellera ha, invece, parlato di “fragilità” del gigante cinese, emerse anche grazie all’epidemia. Gli episodi di censura accaduti rispetto al fenomeno pandemico indicano quanto questo tipo di regimi abbiano bisogno del silenzio per proteggere la loro stabilità sociale e politica. Stesso discorso può essere fatto – afferma Cervellera – sul tema della negazione di libertà religiosa, fortemente incanalata nelle regole dello stato, che le controlla in quanto punto di partenza dell’apertura alla libertà di parola, di incontro tra le persone e ai rapporti internazionali. Il controllo religioso si esplica nelle numerose regole che condizionano le caratteristiche fisiche delle chiese, dei simboli, le attività di preti e vescovi, che devono firmare l’adesione alla cosidetta “chiesa indipendente” (dal Vaticano), che hanno divieto di evangelizzare al di fuori dei luoghi religiosi stabili e registrati, devono cacciare dalle chiese i minori di diciotto anni e devono sostenere la leadership del partito comunista cinese.Basti pensare che nelle chiese, accanto alle immagini di santi e madonne è presente il ritratto di Xi Jinping, tavolta anche accanto al tabernacolo, a creare l’ambiguità su chi sia veramente Dio. Il sistema verticistico dall’alto verso il basso che caratterizza lo stato cinese limita la responsabilizzazione della società civile.
Sulle motivazioni del silenzio, in particoalre legato alla reale entità dell’epidemia – continua Cervellera . hanno probabilmente pesato anche fattori di enorme interesse economico. Si calcola che le perdite economiche riferite al capodanno Cinese siano state di 124 miliani di euro anche se non c’è chiarezza sui dati reali dell’economia cinese. Sulla nuova via della seta la speranza è che non sia solamente del commercio ma che ci sia anche di trasferimento delle idee, anche se è proprio quello che la Cina frena avendo azzerato tutti gli insegnamenti di culture occidentali.
Sul tema della globalizzazione Cervellera la reputa materiale e non culturale. priva di vero dialogo e valori comuni e se l’Europa (e occidente) non recupera la sua dimensione religiosa (citando Benedetto XVI) non sarà capace di incontrarsi con le altre culture e popoli.
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