24/07/2024

Sta per aprire le porte la mostra che dal 16 ottobre 2021 al 27 marzo 2022 trasformerà Udine in una città di spettacolare richiamo in Italia e in Europa per gli amanti della grande arte. «La forma dell’infinito» – questo il titolo dell’esposizione, ora entrata nella fase degli ultimi preparativi e dell’allestimento, al secondo piano della rinnovata sede di Casa Cavazzini – si preannuncia come un evento di portata eccezionale, senza precedenti nella storia della città.

Le sale del museo di arte moderna e contemporanea del capoluogo friulano, ora dotate di soluzioni al passo con i migliori ambienti espositivi al mondo, stanno per diventare lo spazio teatrale dove 50 opere strepitose, come attori che vivono e parlano, avvinceranno i visitatori in un racconto capace di toccare il cuore e l’intelligenza e di stupire con colpi di scena di bellezza e privilegi assoluti. Una mostra che ha il sostegno di Regione Fvg e Promoturismo Fvg, della Fondazione Friuli ed è realizzata con il sostegno speciale di Gruppo Hera Amga Energia e Servizi.

 Secondo il progetto voluto dal curatore, Don Alessio Geretti – sacerdote udinese e direttore artistico delle mostre di Illegio –, «La forma dell’infinito» è una chiave per entrare nell’arte moderna e contemporanea, anche per coloro che normalmente faticano a comprenderla, scoprendo una delle intenzioni fondamentali che hanno animato tanti pittori dalla fine dell’Ottocento e per tutto il corso del Novecento: rendere visibile l’infinito che dietro la prima apparenza delle cose sussurra alla mente e al cuore umano.

L’uomo non può comprendere nulla di se stesso, della sua condizione, della sua grandezza e della sua inquietudine, se non rendendosi conto d’essere un’immensa aspirazione all’infinito. Perciò esiste l’arte: non per produrre decori frivoli né per riprodurre le fattezze di ciò che abbiamo sotto gli occhi, ma per dare forma a quella tensione all’infinito, incantevole e misteriosa, che ci rende unici nell’universo. Tra pennellate e colori, paesaggi mistici e astrazioni audaci, i capolavori dei più grandi geni dell’arte, specialmente dall’Impressionismo in avanti, sollevano il velo del mondo visibile e lasciano affiorare sulla superficie dei quadri gli enigmi, le nostalgie, le ricerche di chi percepisce l’altro lato della realtà, o il dolore della finitezza senza prospettive di chi si convince che non c’è risposta alla domanda di infinito che ci portiamo dentro.

La mostra «La forma dell’infinito» intende dare al visitatore la percezione d’essere il destinatario di una rivelazione suggestiva, con opere che facciano sfiorare l’infinito. Basti pensare alle firme dei cinquanta capolavori, molte delle quali appartengono ai più importanti protagonisti dell’arte negli ultimi due secoli: Claude Monet, Paul Cézanne, Alfred Sisley, Henri Matisse, Dante Gabriele Rossetti, Michail Nesterov, František Kupka, Vasilij Kandinskij, Aristarch Lentulov, Natal’ja Gonarova, Odilon Redon, Maurice Denis, Jacek Malczewski, Mikalojus Čiurlionis, Nikolaj Rerich, Medardo Rosso, Umberto Boccioni, Pablo Picasso, Emilio Vedova, Ernst Fuchs, Hans Hartung e altri ancora. Mai Udine ha visto tanti giganti del bello darsi convegno in una mostra che smuove opere da nove paesi d’Europa, collegando la città friulana con straordinarie capitali culturali, tra cui Parigi, Londra, Vienna, Barcelona, Praga, Mosca, insieme ad altre e a diverse sedi italiane. La bellezza del progetto e dell’idea di fondo della mostra – tracciare una strada d’arte verso l’infinito – ha convinto a concedere prestiti estremamente pregiati musei illustri e collezioni più piccole ma importanti, pubbliche e private, che già denotano la levatura dell’esposizione: nell’elenco dei prestatori, Udine può rallegrarsi della collaborazione, fra gli altri, del Belvedere di Vienna, della collezione Peggy Guggenheim di Venezia e della Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, ma anche della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma o del MART di Rovereto, della Galleria Tretyakov di Mosca e del Museu Picasso di Barcelona.

Ci sono fini conoscitori dell’arte che avrebbero fatto pellegrinaggi faticosi pur di poter vedere da vicino opere che è rarissimo appaiano in Occidente, e a Casa Cavazzini potranno contemplarle con viva emozione: così sarà, ad esempio, con i tre dipinti di Nicholaj Rerich o con i cinque dipinti di Mikalojus Čiurlionis, che eccezionalmente lasciano le loro sedi approdando al Friuli.

Ci sono file di devoti del geniale e visionario Kandinskij che a Udine potranno ammirarne tre, uno accanto all’altro, e tra essi «La Piazza Rossa» – altro prestito quasi incredibile concesso dalla Tretyakov di Mosca –, cioè l’opera simbolo della svolta di quell’artista, frutto di una sorta di estasi artistica, decisiva per la strada che da allora imboccò la creatività del genio russo.E poi, basterebbe a rendere questa esposizione un evento imperdibile il fatto che in essa diventano accessibili 11 capolavori mai visibili al pubblico, in particolare sei dei quali totalmente inediti e che Udine propone quindi per la prima volta all’attenzione del mondo: così le opere di Umberto Boccioni, di Aristarch Lentulov, di Elena Bebutova, di Natal’ja Gon arova, di Pyotr Petroviev, ma soprattutto uno straordinario dipinto di Claude Monet, mai concesso in prestito a nessuno prima che a Casa Cavazzini, se non – unico altro episodio nella sua storia – alla National Gallery di Londra!

E per un tocco di completezza, accanto a tanti astri del cielo dell’arte, brillerà di luce suggestiva anche un’opera friulana, a firma dell’indimenticabile Giovanni Napoleone Pellis, a testimonianza che anche nella nostra piccola Patria la grande arte ha avuto i suoi ambasciatori.

La spettacolare sequenza di tele che trapasserà l’anima del visitatore dialoga perfettamente con le collezioni permanenti di Casa Cavazzini, che insieme alla mostra riapriranno le loro porte al pubblico dal prossimo 16 ottobre: sarà del tutto naturale e per certi versi necessario soffermarsi, al primo piano o al piano terra, dinanzi alle opere di Afro, Mirko e Dino Basaldella, al taglio di Lucio Fontana, alle opere di Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, di Carlo Carrà e di Filippo De Pisis che impreziosiscono la sede lasciata in eredità al Comune di Udine dal commerciante e collezionista Dante Cavazzini.

Ma forse uno degli aspetti più magici della mostra, che per oltre cinque mesi potrà rendere il centro storico udinese come un cuore pulsante, è il suo carattere di meditazione d’arte. Non si tratta di un approfondimento per pochi specialisti né di una rassegna che sollecita le masse con i consueti filoni artistici di moda: «La forma dell’infinito» è un’introduzione al perché la pittura dell’Europa occidentale e orientale s’è incamminata sui diversi sentieri che, lasciandosi alle spalle l’Impressionismo e l’Espressionismo, hanno tentato di riaprire gli occhi dell’umanità per salvarci dallo scivolamento nella miseria spirituale, nell’ebrezza materialistica, nella incomunicabilità reciproca. Si tratta cioè di una “storia spirituale dell’arte”, che raramente è dato di poter leggere tutta d’un fiato di fronte a testimonianze così eminenti degli ultimi due secoli. Questo approccio alle opere d’arte è la firma tipica delle mostre nate ad Illegio – ed infatti quella di Casa Cavazzini è stata affidata dal Comune di Udine proprio al soggetto che di anno in anno propone nel piccolo borgo carnico esposizioni internazionali di grandissimo successo –. Le mostre “in stile Illegio” sono note non soltanto per la levatura straordinaria dei capolavori che vi si ammirano, ma specialmente per il fatto che in esse i visitatori sono sempre tutti accompagnati da giovani guide ben preparate ad offrire la grazia di una chiave di lettura completa, di una luce ulteriore, insomma, sulle singole opere con la quale è possibile vederle davvero e gustarle due volte tanto. Così avverrà anche a Casa Cavazzini, con il prezioso servizio di tante guide formate per l’occasione o, in alternativa, delle audioguide predisposte dal curatore.

E mentre i visitatori scopriranno perché le pennellate si fanno frammenti di luce in Monet o sentieri intellettuali in Kandinskij, o perché un groviglio inestricabile imprigioni il nostro sguardo su una tela di Vedova o un’evanescenza impalpabile lo liberi senza più pesi mentre osserviamo le opere di Redon, la mostra infiammerà i sensi e il pensiero facendo sentire i visitatori avvolti da scenari che evocano il senso dell’immensità o la possibilità che il suo inizio stia qui accanto, e noi sempre in bilico tra finito e infinito. Visitare una mostra così è fare un viaggio in se stessi, non semplicemente attraversare stanze di un museo.

Così Udine inaugura una stagione che vuole lasciare alle spalle l’incubo della pandemia e la perdita di contatto con la bellezza in presa diretta che essa ha comportato per molti. Questa mostra diventa una terapia dell’anima e un invito alla città stessa – con la sua garbata eleganza – a saper dare il meglio di sé e a saper accogliere molti.

Un ulteriore punto di forza della mostra di Casa Cavazzini è la grande attenzione con cui i flussi dei visitatori saranno regolati per consentire a tutti di viverla “a rischio zero” e con il miglior godimento possibile dei capolavori d’arte: sarà un’esperienza unica poter entrare in mostra in piccoli gruppi di persone, in stanze organizzate come teatri suggestivi che con la regia delle luci e la magia delle parole faranno gustare un’intimità emozionante con le opere, offrendo al tempo stesso perfette garanzie di salute ai visitatori grazie ad un protocollo accurato.

Naturalmente è necessaria la prenotazione per tutti (sarà accettata anche con preavviso minimo se ci sono posti disponibili), attraverso il telefono (0432.1279127) o la mail (prenotazioni@laformadellinfinito.it) o l’apposito modulo nel sito www.laformadellinfinito.it. Le prenotazioni sono aperte.

LA FORMA

DELL’INFINITO

16.10.2021

27.03.2022

Casa Cavazzini

Museo d’arte moderna e contemporanea di Udine

ORARI

Lunedì 14.00-18.00

Martedì mercoledì giovedì 9.00 – 18.00

Venerdì sabato domenica 9.00 – 19.30

Ultimo ingresso 60 minuti prima dell’orario di chiusura

CONTATTI

0432 1279127

prenotazioni@laformadellinfinito.it

laformadellinfinito.it

BIGLIETTI

INTERO

12 € con audioguida (italiano – inglese – tedesco)

15 € con guida

RIDOTTO (dai 12 ai 29 anni, oltre i 65 anni, “Amici dei Musei”, tesserati ICOM International Council of Museums)

10 € con audioguida

13 € con guida

GRUPPI (almeno 15 persone)

1 gratuità per una persona ogni 14

10 € con audioguida o con guida autorizzata (tempo massimo di visita 90minuti)

13 € con guida

SCOLARESCHE

Scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di 1°grado

gratuità per ogni insegnante

3 € se è l’insegnante a guidare

6 € con guida

Scuole secondarie di 2° grado

5 € se è l’insegnante a guidare

8 € con guida

OFFERTA FAMIGLIE (almeno un adulto + almeno un bambino)

ridotto adulti + gratuità per i minori di 12 anni

GRATUITO (con audioguida)

Minori di 12 anni

Persone con disabilità e loro accompagnatori

Possessori della FVGCard

Chi ha il biglietto gratuito con audioguida, con 3 € può inserirsi in una visita con guida di Don Alessio Geretti

Pare un miracolo. Dopo 2.400 chilometri di viaggio per giungere a Udine dalla Galleria Tretyakov di Mosca, a Casa Cavazzini arriverà un’opera che pareva fin troppo audace chiedere in prestito per la mostra «La forma dell’infinito»: si tratta di Mosca I, Piazza Rossa, di Vasilij Kandinskij, dipinta a olio su tela nel 1916, su un quadrato di circa cinquanta centimetri di lato che racchiude non solamente una delle piazze più celebri e vaste al mondo ma anche il momento che segnò una svolta nel percorso artistico dell’artista. Di Kandinskij, in mostra, verranno esposte anche una Composizione – la quarta – e un’Impressione – la quinta – che insieme al quadro moscovita risuoneranno come musica di colori e forme nella sala prescelta per esporle una accanto all’altra.

Per capire quanto sia un privilegio trovarci a Udine di fronte a Mosca I è necessario ripercorrere almeno qualche tratto della vicenda e delle memorie di Kandinskij. Siamo in Russia, alla fine dell’Ottocento. Un giovane promettente, incamminato verso una brillante carriera universitaria, la abbandona per dedicarsi al richiamo dell’arte, dopo aver coltivato per diversi anni il gusto per la pittura e per i colori nei pochi momenti lasciati liberi dalle altre incombenze. A smuovergli qualcosa nell’anima è un viaggio del 1889, quando la Società Imperiale di Scienze Naturali e Antropologia ed Etnografia lo invia per un mese, studente ventitreenne, nel governatorato di Vologda, a studiare le credenze popolari e i principi giuridici delle popolazioni rurali russe komi. Vasilij Kandinskij, entrando in quelle grandi case contadine di legno, racconta d’essere stato attraversato da «impressioni rare che mai più si rinnovarono. Mi insegnarono a commuovermi, a vivere in pittura. Ricordo ancora che, entrando per la prima volta nelle sale di un’isba, restai inchiodato di stupore davanti alle pitture sorprendenti che da ogni lato mi circondavano. Alle pareti, figure popolari: un eroe (il bogatyr’), una battaglia simbolicamente rappresentata, una canzone popolare illustrata…».

Ecco, in Kandinskij queste suggestioni cominciarono ad aprire una strada fino a quando due eventi cambiarono radicalmente la sua vita nel 1895. Il pittore rammenta anzitutto la vivissima emozione che lo trapassa al cospetto di un quadro di Monet, in occasione della mostra degli impressionisti francesi a Mosca: «Ora all’improvviso mi trovavo per la prima volta di fronte a un dipinto rappresentante un pagliaio, come diceva il catalogo, ma che io non riconoscevo come tale. Questa incomprensione mi turbava e mi indispettiva […]. La pittura mi apparve come dotata di una potenza favolosa, ma inconsciamente l’“oggetto” trattato nell’opera perdette per me parte della sua importanza, come elemento indispensabile». Nello stesso periodo, ascoltando il Lohengrin di Richard Wagner, Kandinskij testimonia: «mi sembrava di vedere tutti i miei colori, li avevo sotto gli occhi. Linee scompigliate, quasi stravaganti mi si disegnavano davanti». Egli non può fare a meno di associare quella musica alle reminiscenze di un’immagine che lo affascina da sempre e che vorrebbe finalmente riuscire ad incorporare con tutte le sue radiazioni in un quadro: lo spettacolo del tramonto sui tetti di Mosca.

Scrive: «Mosca possiede caratteristiche contraddittorie che le sono proprie e che nel complesso formano un insieme perfettamente armonico. Mosca, nell’insieme della sua vita interiore ed esteriore, è stata il punto di partenza delle mie ispirazioni di pittore, è stata il mio diapason di pittore». E così inizia e tenta e ritenta ancora, tracciando con la spatola strisce e macchie sulla tela e lasciando cantare i colori più forte che potevano, nella speranza che in quelle tele risuonasse l’ora crepuscolare di Mosca. Rievocando quel momento, aveva scritto: «Mosca si liquefà in questo sole, diventa una macchia enorme che fa vibrare tutto il nostro essere interiore con lo squillo di una tromba frenetica. […] Mosca risuona vittoriosamente. Il rosa, il lilla, il giallo, il bianco, il turchino, il verde pistacchio, il rosso fiamma delle case e delle chiese si uniscono al coro […]. Rendere quest’ora mi pareva la felicità più grande, più irraggiungibile che potesse toccare ad un artista».

Ecco, il quadro che dalla Tretyakov raggiungerà Udine ha il potente valore simbolico d’essere per Kandinskij la celebrazione riuscita di questa esperienza quasi mistica di un luogo e di un momento in cui il pittore era stato trapassato dal presentimento dell’infinito. In quel quadro Kandinskij ritorna a quell’ideale di fusione cosmica che aveva sperimentato diversi anni prima di fronte a un tramonto moscovita sulla Piazza Rossa, con i suoi edifici moderni inframezzati dalle cupole dorate delle chiese ortodosse e la danza di colori vivissimi di San Basilio e dei tetti della città. Così, sulla tela, colloca due personaggi dipinti di spalle, rivolti allo spettacolo multicolore che si spalanca davanti a loro; e l’osservatore, seguendo il percorso che dal basso conduce alla rupe su cui si stagliano le due figurine, si sente pervaso dalla spinta a proiettarsi all’interno del paesaggio maestoso di Mosca e dalle energie che l’attraversano, fino a oltrepassare il luogo specifico di quella piazza, per l’effetto trascinante di linee e colori e suggestioni e voli d’uccelli in lontananza, che conducono verso l’infinito. Kandinskij questo voleva dire: come lui, di fronte al tramonto che infiammava di vampe lo scenario della Piazza Rossa s’era ritrovato interiormente rapito in estasi e condotto sul ciglio dell’immensità, così un dipinto, seppur contenuto nel perimetro quadrato del telaio che gli consente d’esistere, può avere la forza di spalancare allo spirito umano la visione dello sconfinato oceano dell’essere da cui tutte le cose e le apparenze fioriscono rendendogli l’omaggio della propria particolare tonalità.

Mosca I, Piazza Rossa non è quindi un semplice paesaggio e nemmeno un paesaggio astratto o in tensione verso l’astrazione: è una pietra miliare nel cammino di Kandinskij, è la sintesi della sua convinzione sul potere dell’arte di farci sfiorare l’infinto. Trovarci davanti a quel capolavoro in Casa Cavazzini sarà come scoprire nel cuore di Udine un varco dimensionale a due passi dal mistero dell’universo.

INTERVENTO del Sindaco Pietro Fontanini

L’eredità di Casa Cavazzini costituisce per la città di Udine e per il Friuli un invito a sviluppare l’amore per l’arte moderna e contemporanea.

Questo amore è un dovere civico, non per accontentare alcuni cittadini appassionati al genere o per favorire un auspicabile flusso di turismo culturale, ma perché chi vive a Udine o chi scopre Udine sul suo cammino trovi in città un luogo in cui grazie alle opere d’arte potrà comprendere meglio la condizione, le domande, le crisi e le speranze dell’uomo d’oggi. L’incontro con l’arte moderna e contemporanea è come un guardarsi allo specchio, fermandosi davanti a quadri e sculture e mettendosi in movimento intellettualmente, emotivamente e spiritualmente, alla ricerca del senso della nostra vita.

Una città matura ci tiene ad offrire una simile occasione di crescita ai suoi membri e ai suoi ospiti: non offre solamente servizi materiali, uffici e intrattenimenti ai suoi cittadini, offre anche le migliori occasioni possibili affinché si dia spazio al pensiero e a un nuovo umanesimo, senza cui le persone potrebbero avere a portata di mano ogni comodità eppure deprimersi e smarrirsi per impoverimento morale, relazionale e interiore.

Casa Cavazzini per questa amministrazione comunale è anche una responsabilità: una struttura già tanto significativa per le meraviglie che custodisce – basti pensare agli affreschi di Afro Basaldella o alle opere della collezione Astaldi –, potrebbe diventare un’occasione sprecata e una potenzialità trascurata se non si dotasse dei requisiti necessari per qualificarsi al pari livello delle migliori sedi espositive d’Europa. Perciò abbiamo voluto intervenire con un impegnativo complesso di ripensamenti strutturali e impiantistici, in modo da rendere Casa Cavazzini un museo all’avanguardia, accogliente e funzionale, sicuro per le opere d’arte e sicuro per i visitatori, idoneo a proporre audaci progetti ai più importanti musei. Dai sistemi di sicurezza a quelli di climatizzazione, dalla trasformazione dell’area di ingresso e di biglietteria alla predisposizione di un bookshop bello e ampio o di un guardaroba adeguato, ora Casa Cavazzini è in condizioni di esporre mostre importanti per numero e qualità delle opere richieste ed è anche in condizioni di accogliere grandi flussi di visitatori in modo ordinato e offrendo tutto ciò che essi si aspettano di trovare in un luogo d’arte.

      Ad Illegio, in Carnia, abbiamo trovato una piccola e coraggiosa esperienza che ci ha dato garanzie di un alto profilo culturale, di una provata capacità organizzativa e al tempo stesso di uno stile attento ai contenuti e ai messaggi che aiutano le persone a migliorare se stesse e la loro comunità. Ora che possiamo iniziare a svelare e a comunicare i segreti della mostra «La forma dell’infinito», possiamo anche dire, a breve distanza ormai dalla sua inaugurazione, che riapriremo Casa Cavazzini con una proposta davvero straordinaria.

INTERVENTO dell’assessore Fabrizio Cigolot

Udine, con questa prima mostra, si candida a diventare, in via permanente, una sede museale di massimo livello  grazie alla disponibilità di uno straordinario direttore artistico e della collaborazione di un gruppo di qualificati professionisti riuniti nel Comitato di San Floriano, artefice negli ultimi decenni del “miracolo di Illegio”.

Riprendo quanto il Sindaco sottolineava: l’importanza che per noi ha sempre avuto la prospettiva di offrire a Udine mostre che siano rilevanti non soltanto per le opere che rendono accessibili alle persone, ma anche per i temi che danno l’occasione di approfondire.

  Ogni opera d’arte è una rivelazione dell’umanesimo in cui essa è stata generata. Non basta vederla, non basta accompagnarla con didascalie che indichino le notizie minime su quell’opera, non basta nemmeno qualche pannello o qualche spiegazione sulle specificità storico-artistiche dell’opera e dell’autore: l’incontro con un’opera si vive in pienezza quando si aiuta i visitatori a gustarne il livello simbolico, i suoi nessi con la vita sociale, economica, politica, letteraria, filosofica e religiosa che aveva attorno e che ha lasciato un segno nell’anima dell’artista prima di tutto e nella forma stessa che egli ha dato alla sua opera. Cercare di conoscere il soggetto di un dipinto – che poi, se siamo davanti ad un’opera d’arte astratta, ci pare operazione insensata – e cercare di riconoscere lo stile di un dipinto sono approcci all’arte che vanno completati con lo sguardo iconologico, scoprendo cioè che quell’opera è una finestra spalancata sul panorama culturale, sociale e spirituale del mondo da cui essa proviene e che essa vuole interpretare o interrogare.

Per fare in modo che a Casa Cavazzini venga offerto, in questo senso, un completo accompagnamento a tutti i visitatori,  il Comune ha voluto mettere a disposizione di ogni visitatore una bella squadra di guide preparate dal Curatore della mostra stessa, o attraverso l’audioguida che gli abbiamo domandato di predisporre. Il biglietto che il visitatore acquista, dunque, comprende sempre, insieme alla visita della mostra e di Casa Cavazzini, anche il servizio di accompagnamento, in una delle due forme, e il costo della visita guidata o audioguidata è quasi completamente sostenuto dal Comune stesso.

 Il progetto di questa mostra a Casa Cavazzini vede il Comune di Udine farsi vera e propria impresa culturale,; questo Comune, per sei mesi,ha generato una occasione di lavoro qualificato per una cinquantina di persone, coinvolte nei diversi ruoli necessari per il buon funzionamento di una realtà complessa e meravigliosa quale un museo con una grande mostra in atto:  persone necessarie per poter accogliere bene, in Casa Cavazzini, migliaia di visitatori. Vogliamo far diventare Udine un attrattore culturale, visto che la città offre altri luoghi di grande interesse artistico: il Castello con le sue importanti collezioni archeologiche, la Galleria d’Arte Antica, il Museo Friulano della Fotografia e il Museo del Risorgimento, il Museo Etnografico Friulano e la stessa Casa Cavazzini che raccoglie nella collezione Astaldi alcuni dei più grandi nomi dell’arte figurativa del Novecento, come Afro, Mirko e Dino Basaldella e Zigaina.

INTERVENTO dell’assessore Maurizio Franz

Con la mostra «La forma dell’infinito» certamente la città di Udine propone un Grande Evento che avrà risonanza, una mostra di altissimo livello,  nel cuore della città e non solo per la città.

 Molto significativo il coinvolgimento che in questi mesi si è progressivamente consolidato attorno al progetto della mostra:  la camera di Commercio, Confartigianato, Confindustria, Confcommercio, Confesercenti e Cna.

  Artigiani,  botteghe di artigianato artistico, commercianti,    e circuito delle osterie e dei bar,  hotels e  altri servizi c  si predispongono a interagire con la mostra e con i suoi visitatori.  Il bookshop, per fare un esempio, proporrà una serie di oggetti di vario genere ideati e realizzati da numerose botteghe artigiane che hanno chiesto di potersi ispirare a qualche opera della mostra e al suo tema globale. E ne verrà un bookshop bellissimo, che fino ad oggi Casa Cavazzini non aveva. E così quasi duecento commercianti della città hanno aderito alle proposte degli organizzatori della mostra in modo da avere, ciascuno presso il proprio negozio o la propria attività, materiali sulla mostra e sulla città di Udine da poter offrire ai propri clienti.

Analogamente è molto bello far presente che ha trovato altrettanta corrispondenza la ricerca degli sponsor necessari per sostenere l’importante campagna di comunicazione e promozione che deve accompagnare una mostra di levatura internazionale.

 Le attese importanti da parte di tutti e  la qualità della mostra «La forma dell’infinito»,ha reso necessario  progettare un notevole piano di comunicazione e di promozione con una  pluralità dei mezzi e dei canali di comunicazione,  per raggiungere tutti gli amanti dell’arte e  incuriosire il mondo dei giovani e anche delle persone che non hanno familiarità con l’arte stessa.   D’altra parte, se vogliamo consolidare o riposizionare la percezione di Udine come città propositiva, attraente, culturalmente vivace, turisticamente attrezzata e accogliente, dobbiamo essere i primi a crederci. Troppe volte nel nostro territorio abbiamo vissuto la contraddizione tra ciò che custodiamo di bello o che sappiamo fare di buono e la fatica che ci contraddistingue nel comunicarlo adeguatamente. Questo grande evento è anche un esercizio per tutti noi a fare qualcosa di incantevole e nel saperlo proporre e comunicare con tutta la cura e la tenacia necessarie.

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