Sono 7 i nuovi beni tutelati in Friuli Venezia Giulia dal dal MiBACT – Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo come deciso nella prima seduta dell’anno della Commissione Regionale del Patrimonio Culturale che si è riunita il 26 gennaio a Trieste. Hanno partecipato all’incontro, che si è svolto in modalità telematica, i componenti della Commissione: Roberto Cassanelli, Direttore del Segretariato regionale in qualità di Presidente della Commissione, Simonetta Bonomi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, Andreina Contessa, Direttore della Direzione regionale musei.
I nuovi beni verificsati e tutelati ex artt. 12-13 del D.Lgs. 42/2004 sono due edifici del Porto Vecchio di Trieste, l’intero comprensorio dell’ex OPP – Ospedale Psichiatrico Provinciale di Udine, il Duomo di Gorizia, la Villa Spezzotti di Tarcento, il Municipio di Campoformido, l’ex Fabbricato Viaggiatori di Strassoldo a Cervignano del Friuli e l’ex Fabbricato Viaggiatori di Valvasone.
Municipio di Campoformido, sito a Campoformido (UD), in via Municipio n. 9
L’edificio, realizzato nel 1913 con funzione di scuola maschile, fu trasformato in sede municipale alla fine degli anni Sessanta del XX secolo. Prospetta sulla Strada Statale “Pontebbana”, il principale asse viario che attraversa il centro abitato. Fu costruito in prossimità di uno slargo, su cui almeno fino all’Ottocento insisteva uno sfueis, una delle tante riserve d’acqua piovana -utilizzate dalla locale comunità rurale- di cui era ricco il territorio di Campoformido. L’edificio è costituito da un nucleo originario ampliato a più riprese nel corso del XX secolo, in ragione delle mutate funzioni. La facciata è caratterizzata da un avancorpo fortemente aggettante, i piani sono divisi da una semplice fascia marcapiano, la teoria delle finestre presenta fori singoli o abbinati con motivi decorativi ad arco ribassato che donano all’insieme una certa eleganza. Il decreto di tutela, oltre gli aspetti architettonici e stilistici, ha considerato l’intrinseco legame dell’edificio con le vicende connesse alla storia dell’abitato.
Ex Fabbricato Viaggiatori di Strassoldo, sito a Cervignano (UD), località Strassoldo, in via Palmanova n. 11
L’edificio fu inaugurato il 1° gennaio 1917 in occasione dell’apertura del tratto ferroviario Palmanova-Cervignano. È un classico esempio di stazione secondaria dell’epoca, appartenente alla tipologia delle stazioni di superficie e passante. La facciata e tutte le altre viste laterali dell’edificio sono lineari, con due cornici marcapiano tra i piani, e archetti in laterizio e pietra artificiale sul sommo delle finestre, elementi distributivi e decorativi caratteristici della progettualità seriale a opera dell’Ufficio Tecnico delle FS. L’ex fabbricato viaggiatori non è più destinato a tale utilizzo da anni in quanto la stazione è stata spostata quando è stato realizzato lo scalo di smistamento di Cervignano. Tuttavia rappresenta una importante testimonianza per la storia della regione nella fine del XIX secolo e nella prima metà del XX, con particolare riferimento alle vicende della nascita delle reti ferroviarie nella Bassa friulana che svolsero un ruolo strategico nel periodo compreso tra le due guerre mondiali.
Ex Fabbricato Viaggiatori di Valvasone, sito a Valvasone (UD), in via Trento n. 36
L’edificio, contemporaneo alla prima fase di realizzazione della ferrovia Casarsa-Spilimbergo-Pinzano al Tagliamento, si configura come tipico esempio di stazione secondaria dell’epoca, progettato dall’Ufficio Tecnico delle FS. Fu inaugurato il 12 gennaio 1893 in concomitanza con l’apertura del tronco Casarsa-Spilimbergo, e chiuso al traffico passeggeri a causa della chiusura della Pinzano-Casarsa nel 1967. Costituisce parte integrante delle infrastrutture della linea ferroviaria “Pedemontana” del Friuli. La sua costruzione era compresa nel più ampio programma di opere pubbliche voluto dal governo e dalle amministrazioni locali per contenere la dilagante disoccupazione, e che vide coinvolte migliaia di operai rimpatriati dall’Austria e dalla Germania per l’imminente conflitto. Il decreto di tutela lo riconosce quale irrinunciabile testimonianza della storia regionale e in particolare delle vicende legate alla nascita delle reti ferroviarie che svolsero un ruolo strategico nel periodo compreso fra le due guerre mondiali.
Complesso ex Ospedale Psichiatrico Provinciale, sito a Udine, in via Pozzuolo n. 330
Il complesso ospedaliero fu inaugurato il 15 aprile 1904. Progettato e realizzato come una vera e propria città di nuova fondazione, figlia delle procedure igieniste e concentrazionarie del primo Novecento e in continuazione con le prime sperimentazioni ottocentesche, occupò un ampio fondo prativo nel territorio comunale allora extra moenia di Sant’Osvaldo. L’impianto urbanistico prevedeva il superamento dell’edificio a “monoblocco”, con alte mura di recinzione, largamente diffuso nell’edilizia manicomiale, per aprire alla tipologia più moderna dei “padiglioni separati” collocati in una sorta di “città giardino” e collegati da viali alberati.
Lo sviluppo di questo cantiere urbanistico, architettonico, paesaggistico e giardinistico si basava sulla ricerca psichiatrica del primo direttore, il professor Giuseppe Antonini, supportata dalle risposte tecnico costruttive di Gian Battista Cantarutti, ingegnere capo della Provincia di Udine. In questo contesto si poté sperimentare, anche sul piano della figurazione spaziale, l’ipotesi di un radicale ripensamento del dispositivo manicomiale ponderato sull’”aperto” del paesaggio. L’impianto paesaggistico costituisce infatti l’ossatura fondante dell’intera invenzione urbanistica: il sistema “a griglia” dei viali alberati, ove i percorsi ortogonali disegnano le insulae a modulo quadro dei differenti reparti, costituisce la matrice compositiva del nuovo insediamento. La struttura del complesso è organizzata in modo semplice e simmetrico rispetto all’asse del viale centrale, suddivisa in tre zone ben distinte: quella centrale è riservata ai servizi, a sinistra sorgono i padiglioni di degenze maschili, a destra i padiglioni femminili.
Architettonicamente, gli edifici offrono una carrellata di vari stili dagli inizi fino alla metà del Novecento: dal razionalismo di rappresentanza al Liberty seppur sobrio di alcune case dei dirigenti, la casa delle Suore ricorda motivi d’Oltralpe, la chiesa è neo-gotica e alcune costruzioni sono votate al funzionalismo, con elementi decorativi di pregio come i pavimenti o le grandi finestre. La cittadella, nel corso del tempo, si dotò di varie strutture produttive e ricreative, compresa una colonia agricola e un teatro/cinema. Negli anni Cinquanta la struttura ospedaliera si estendeva su cinquanta ettari di parco (ora ridotti a 22) e contava ben 31 edifici. È stato fra i diciotto maggiori ospedali psichiatrici in Italia. A seguito della Legge Basaglia (1978), l’ospedale venne progressivamente dimesso e chiuso definitivamente nel 1999. L’intero sito in tempi recenti è stato oggetto di un progetto di riqualificazione e valorizzazione giardinistico-paesaggistica.
Il decreto ha inteso tutelare il manufatto nella sua interezza, dunque sia gli immobili storici che il parco, per l’importante riferimento che essi rappresentano con la storia, l’architettura e l’urbanistica, oltre a presentare rischio archeologico in sedime. Dal provvedimento di tutela sono esclusi gli edifici di fattura più recente e di servizio.
Il rischio archeologico è rappresentato dalla presenza nelle immediate vicinanze dell’area di due siti:, il tumulo funerario di Sant’Osvaldo, sepoltura monumentale risalente al Bronzo medio -già indagato in passato e musealizzato-; e un secondo possibile tumulo verosimilmente d’epoca protostorica -ancora da indagare-.
Magazzino n.32 e edificio n. 133 del Porto Vecchio di Trieste, sito in Trieste
I due edifici fecero parte del così detto Quartiere Ford, insediato in Porto Vecchio nel 1923, quando l’industriale statunitense Henry Ford scelse Trieste per il primo stabilimento italiano dedicato al montaggio di autovetture e trattori della Ford Motor Company. Il quartiere operativo era formato da una decina fra magazzini, hangar e edifici d’abitazione, per lo più strutture già esistenti che furono ri-funzionalizzate al nuovo scopo produttivo. Negli Anni Venti il Porto Vecchio stava cedendo il proprio ruolo primario in favore del Porto Nuovo e proprio la nascita del quartiere Ford accelerò la trasformazione del luogo vocato alle attività portuali in uno dedicato invece a attività marcatamente industriali. Ford scelse il sito di Trieste per la collocazione strategica, nel centro dei traffici europei, e perché il Porto era già dotato di reti ferroviarie interne e piattaforme girevoli. Lo stabilimento Ford Motor Company d’Italia di Trieste venne chiuso il 26 ottobre 1929 d’autorità dal Prefetto, in seguito a un telegramma del Duce, “per superiori motivi d’interesse nazionale”. A Trieste furono prodotte ben 15.007.033 automezzi Ford modello T.
Il Magazzino 32, costruito dall’impresa Geiringer di Trieste, risale al 1894 e prima di essere destinato a deposito attrezzi per la Ford era servito allo stoccaggio di merci infiammabili e spiriti. Di impianto ottocentesco, la facciata a mare è scandita da una sequenza di aperture dotate di eleganti cornici in pietra d’Istria.
Invece l’edificio 133, che raggruppa tre differenti corpi, fu costruito appositamente per l’ampliamento delle officine Ford. Fu probabilmente progettato dall’arch. Giorgio Zaninovich, allora direttore dell’ufficio tecnico dei Magazzini Generali di Trieste, autore della sottostazione elettrica nel 1913, poiché riporta chiari i suoi segni distintivi in facciata quali alcune modanature, l’uso del mattone e del bugnato, il disegno delle inferriate alle finestre, al terrazzo e ai portoni.
Il provvedimento di tutela ha tenuto conto degli aspetti architettonici e dei riferimenti alla storia economica, alla storia della tecnica e dell’industria, considerato l’intrinseco legame degli edifici – che oggi versano in condizioni conservative non ottimali – con le vicende del Porto Vecchio di Trieste, e segnalato il rischio archeologico in sedime dovuto alle preesistenze relative alla linea di costa antica e alle infrastrutture connesse.
Villa Spezzotti, sita in Tarcento, località Collerumiz, in via Urana
L’elegante villa borghese con annesso parco fu realizzata alla fine dell’Ottocento come casa di villeggiatura. Acquistata dall’industriale e senatore Luigi Spezzotti, fu rimodernata negli anni Trenta del Novecento in stile liberty ed eclettico grazie al radicale intervento dell’architetto udinese Ettore Gilberti (1876-1934). La dimora ha attraversato varie vicende storiche: è stata sede di un comando italiano nel corso della Grande Guerra, occupata dopo l’8 settembre 1943 da un reparto delle SS, fu da ultimo sede di un distaccamento inglese. È situata in posizione preminente su una collina di Tarcento, in un contesto in cui architettura e paesaggio si compenetrano. La villa fa parte delle numerose residenze moderne realizzate in quegli anni a Tarcento dagli esponenti più aggiornati dell’architettura locale e che valsero alla località il nome di “Perla del Friuli”. Il luogo era frequentato dalla borghesia della belle epoque, attirata dalla vita artistica e dallo sviluppo economico della cittadina. Visto l’interesse architettonico e il riferimento con la storia locale, si è ritenuto di tutelare in bene che attualmente versa in condizioni di degrado da abbandono.
Chiesa dei Santi Ilario e Taziano – Duomo di Gorizia, sito a Gorizia, in Corte sant’Ilario –
La storia costruttiva dell’edificio è molto articolata. Le origini si collocano nel medioevo, benché diverse siano le ipotesi sull’esatta datazione e sulla successione cronologica degli edifici dedicati al culto cristiano, anticamente costruiti sul luogo dove oggi sorge la chiesa. Recenti indagini archeologiche hanno rintracciato nella zona la presenza di tombe e altre testimonianze di frequentazioni risalenti addirittura all’età del bronzo. L’impianto planimetrico dell’attuale edificio fu realizzato fra il XV ed il XVI secolo e portò alla progressiva fusione di tre distinti corpi di fabbrica. Alla fine del Seicento, il Secolo d’oro per la città di Gorizia, la chiesa fu interessata da un radicale rinnovamento in stile barocco, sia nell’architettura che negli altari. Successivamente, nel 1751, a seguito della soppressione del Patriarcato di Aquileia, il duomo di Gorizia divenne sede arcivescovile e qui fu portata parte del tesoro aquileiese.
L’esterno attuale del duomo deriva dalla campagna di restauri del primo quarto del XX secolo, su progetto di Emilio Karaman, che si concluse nel 1924.
Il decreto di tutela ha riconosciuto l’importanza del centro religioso, arricchito di preziose testimonianze storico artistiche nel corso dei secoli, per il suo interesse architettonico e per il riferimento alla storia della città.
Nel resoconto della seduta, che si trasmette in allegato, c’è una breve descrizione storico artistica per ciascun bene, le immagini di riferimento e la sintesi delle motivazioni del decreto di tutela.