L’essere umano è un animale sociale, quindi tende a socializzare, oggi si direbbe che tende ad assembrarsi…f are la cena alle 6 del mattino, cioé subito dopo il coprifuoco, andare a cena con camera da letto compresa, perchè gli alberghi per i clienti possono avere in funzione il ristorante anche dopo le 18, fare feste in casa a mezzogiorno, sono tutte genialate di aggiramento, che sono atto di resistenza a non poter assembrarsi, elemento che però, per interi settori, è di assoluta valenza economica, sopravvivenza, e fine ultimo dell’esistere. Quindi ci si adopera per trovare soluzioni per aggirare quella che, almeno per ora, sembra l’unica strada da intraprendere per contrastare la diffusione del COVID, oppure non ci si fa problemi ad approfittare dei deficit normativi. Ad alimentare furberie e discriminazioni sono gli stessi DPCM, costruiti su una mediazione politico economica che produce falle, diversi pesi e misure, situazioni dannose per uni e non per altri, con effetti parziali anche sul risultato di rallentare la diffusione pandemica. Una delle perle dell’ultimo DPCM è la chiusura prefestiva e festiva dei centri commerciali in base al codice ATECO e non in base alla superficie che un negozio può sviluppare, che subito si è tradotta nell’inutilità e nel potenziale discriminatorio del provvediemento. Negozi come Sorelle Ramonda, Mediaworld, Arteni, Pittarello, Leroy Merlain, capaci con le loro superfici e gamma di prodotti di creare massa di persone sono aperti mentre Città Fiera, che è centro commerciale è chiuso, come anche il parco commerciale Palmanova Village, mentre a Noventa di Piave, l’enorme parco commerciale Noventa Designer Outlet, è aperto sulla base di diverse interpretazioni normative. Il Consiglio nazionale dei centri commerciali, in una nota, ha duramente criticato il provvedimento che comporta “un’immotivata, ingiustificata e ingiustificabile discriminazione fra le attività presenti all’interno o all’esterno di un centro commerciale – scrivono – e a una grave distorsione della leale concorrenza”.
Certamente l’effetto che si può ottenere da secelte del genere è solamente malcontento e frustrazione, come ben esprimono gli operatori economici penalizzati all’nterno dei centro comemrciali. Già nel primo lockdown –commenta Marina Corradini che gestisce da 15 anni lo store Timberland, Frau e Napapijiri all’interno del Città Fiera – la gente non veniva più volentieri nei centri commerciali. Ora la bastonata che ci mette in ginocchio. Alcuni nostri dipendenti devono ancora ricevere la cassa integrazione per la chiusura primaverile. All’epoca – spiega – siamo intervenuti noi con quello che avevamo messo da parte, ma ora non saremmo più in grado di farlo”.
Le abbiamo chiesto un commento…(ascolta l’audio intervista)
Ed insieme alla frustrazione, i tentativi per trovare soluzioni ponte, nuovi modelli di approccio per poter sopravvivere a questo tira e molla di aperture e chiusure..
Oltre ai problemi di mercato anche gli aspetti sempre più critici della gestione d’impresa…
Va anche sottolineato che all’interno di un centro commerciale come Città Fiera il riciclo dell’aria …negli spazi comuni come anche la gestione degli accessi da parte dei singoli operatori è sempre stata molto attenta…
ma lei pensache queste scelte politiche così parziali abbiano un senso…
e spontaneamente ci si organizza, si cerca anche di condivire le forze per accentuare il volume della propria voce….