24/07/2024

Quel sasso caduto in un bicchiere e quell’acqua rovesciata sulla tovaglia – per usare la

metafora dello scrittore Dino Buzzati – continuano a interrogare le nostre coscienze, anche a distanza di sessant’anni dalla tragedia del Vajont. Lo dimostra la palpabile emozione che si respirava a Erto e Casso, a pochi metri dalla diga che fu teatro di una delle più grandi tragedie del Dopoguerra.

Una cerimonia solenne, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del presidente della Camera Lorenzo Fontana, del ministro Luca Ciriani, della sottosegretaria Vannia Gava, dei governatori del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, e del Veneto, Luca Zaia.

All’evento ha partecipato anche Mauro Bordin, presidente del Consiglio regionale del Fvg, che ha parlato della doppia lezione del Vajont. “Quell’immane tragedia – ha detto Bordin a margine della cerimonia – ci deve insegnare a mettere al primo posto la vita delle persone, ma anche a rispettare la natura per non non ripetere lo stesso tipo di errore, adottando grande prudenza e meticolosità quando si progettano e si realizzano opere di questo genere, che incidono in modo così profondo sull’ambiente naturale”.

Il massimo rappresentante dell’Assemblea legislativa ha poi sottolineato l’importanza “di ascoltare e coinvolgere i cittadini in questo tipo di scelte. Molto spesso chi vive in un determinato territorio, specie se fragile come quelli di montagna, ne possiede una conoscenza profonda, che va anche al di là dei dati tecnici e scientifici.

Concetti ripresi dai due governatori. “Dobbiamo ringraziare chi è rimasto qui – ha scandito Fedriga – e supportare chi sceglie di tornare a vivere in montagna: sarebbe un grave errore abbandonare queste zone e le comunità che qui orgogliosamente resistono, a dispetto del calo demografico”. Quanto alla tragedia, il presidente della Regione Fvg ha parlato di “una diga costruita nel posto sbagliato per interessi economici, monumento indistruttibile alla memoria”.

“Dobbiamo riaffermare – gli ha fatto eco Zaia, rivolgendosi direttamente al capo dello Stato e ricordando le terribili cifre, i 270 milioni di metri cubi di roccia, l’onda alta 250 metri e le 1910 vittime – che l’uomo non è invincibile di fronte alla natura. Signor Presidente, quella del Vajont non fu una tragica fatalità: il monte che è franato si chiama Toc, che in Veneto vuol dire pezzo, e tre anni prima c’era stato un altro crollo. Dunque il disastro non si deve all’incuria, ma al delirio di onnipotenza dell’uomo”.

Dal canto suo, il presidente della Repubblica ha ricordato in particolare “i quasi 500 bambini che persero la vita”, paragonando l’area del Vajont “a un immenso sacrario a cielo aperto”. Sergio Mattarella ha raccontato che “i soldati del generale Giampaolo Agosto, allora giovane ufficiale d’artiglieria, poche ore dopo la tragedia, tenevano gli occhi fissi nel vuoto davanti a tanto orrore”.

Dal capo dello Stato è arrivato anche il via libera a una richiesta del territorio. “E’ opportuno – ha detto Mattarella, interrotto due volte dagli applausi delle autorità politiche, militari e religiose – che la documentazione del processo celebrato tanti anni fa rimanga qui. Quei documenti erano stati raccolti in altri luoghi per finalità giudiziarie, ma oggi rivestono una finalità di memoria, e quel che attiene alla memoria deve essere conservato dove la tragedia si consumò, come monito per evitare altri drammi”.

“Quella di oggi resterà una giornata scolpita nella storia: il ricordo dei caduti della tragedia del

Vajont, con il presidente delle Repubblica Sergio Mattarella, alla diga. Una giornata importante perché ci mette ancora una volta tutti assieme, per condividere le professionalità, le esperienze, le buone pratiche del Sistema di protezione civile, con il fine principale che è sempre lo stesso: migliorare la sicurezza delle persone”.

Lo ha sottolineato l’assessore con delega alla Protezione civile del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, intervenuto al centro culturale “Ferruccio Parri”, a Longarone, al convegno “Sguardi sul Vajont. Linguaggi e saperi a confronto sessant’anni dopo la catastrofe”, simposio cui hanno preso parte, tra gli altri, il sindaco di Longarone, Roberto Padrin, il capo dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico, e della difesa civile Laura Lega e il capo dipartimento della Protezione civile nazionale Fabrizio Curcio.

“In questi ultimi anni ci siamo trovati ad affrontare emergenze che non hanno avuto solo a che fare col complesso rapporto tra uomo e natura, come fu per il dramma del Vajont – ha sottolineato Riccardi -. La pandemia, prima tra tutte, ha richiesto lo sforzo di tutto il sistema di protezione civile, dai volontari alla struttura regionale, in sinergia con la Salute; la guerra ai confini con l’Europa, che ci ha portato ad accogliere chi scappava dalla sua terra, i bambini oncologici che abbiamo curato nei nostri ospedali, fino alla realizzazione di un campo in Slovacchia per i profughi in fuga dall’Ucraina”.

Riccardi ha poi ricordato “l’impegno e l’immediata disponibilità data della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia per la Turchia terremotata, che ha visto la nostra regione, tramite il Porto di Trieste, essere individuata come hub nazionale per

l’invio, da tutta Italia, di aiuti a quel Paese. Senza contare le recenti missioni nell’Emilia devastata dall’alluvione, dove è spiccata l’alta specializzazione di volontari e funzionari della Protezione civile regionale del Friuli Venezia Giulia non solo nel liberare abitati isolati e nella mappatura delle frane, ma anche nel recupero di beni culturali: gli antichi e preziosi volumi della biblioteca vescovile di Forlì”.

Nel ringraziare i Vigili del fuoco, i volontari e i funzionari di Protezione civile presenti al convegno per l’aiuto fornito nella copertura dei tetti della zona di Mortegliano, Riccardi ha poi ricordato l’ultima emergenza cui la Regione sta facendo fronte, ovvero quella legata al maltempo di luglio e agosto scorsi. “E’ il valore del sistema, dell’agire compatti e uniti, l’alleanza tra Stato e Regioni, Regione e Comuni, la continua formazione, i costanti investimenti in tecnologie, che rendono così efficiente la rete della protezione civile, figlia della grande lezione di Giuseppe Zamberletti” ha chiuso l’assessore in questa che è anche la prima giornata della Settimana della protezione civile in tutta Italia.

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