Emendamento Iori al voto: “Le prese di posizione di Legacoopsociali e Federsolidarietà, che rappresentano “solo” 350.000 operatori sociali di cui quasi metà educatori, mettono all’angolo le posizioni assurde di Anep” che nelle scorse ore ha lanciato un attacco al mondo della Cooperazione sociale. Lo afferma Gian Luigi Bettoli, presidente di Legacoopsociali Fvg.
Bettoli conviene sull’unificazione della figura dell’educatore, ma a due condizioni. La prima: “trovare gli equilibri in Parlamento e nelle istituzioni, perché se l’unificazione non è ancora possibile è per il peso delle corporazioni mediche (ordinamentali ed universitarie”. La seconda: “non fare confusione, come fa invece Anep che dispensa cose non vere”.
“Riteniamo che la “legge Iori” – conclude Bettoli -, che sarebbe completata dall’emendamento che ha inserito il comma 275 nella finanziaria, sia l’unica mediazione possibile nell’attuale confusa situazione del settore; e riteniamo che Anep si stia infilando in un vicolo cieco settario, strumentalizzando gli EP sociopedagogici. Non ci pare corretto. Senza la “legge Iori”, la situazione di 150.000 EP sociopedagogici non sarebbe certamente migliore”.
E’, quindi, stato ritirato dal sen. Giovanni Endrizzi (M5S) l’emendamento che metteva a serio rischio il destino lavorativo di 150 mila educatori in Italia, di cui oltre un migliaio in Friuli Venezia Giulia. Soddisfazione è stata espressa dai vertici regionali di Legacoopsociali: “Il ritiro dell’emendamento Endrizzi è un fatto positivo – afferma Gian Luigi Bettoli -, in quanto sblocca l’importante norma cui si contrapponeva, l’emendamento Iori sugli educatori approvato precedentemente alla Camera dei Deputati, nel quadro della legge finanziaria 2019”.
Di cosa si tratta lo spiega lo stesso Bettoli, che segue l’annosa questione sia a livello regionale sia nazionale. “Il fatto è solo apparentemente semplice. L’anno scorso era stata approvata la cosiddetta “legge Iori”, dal nome della docente universitaria di pedagogia Vanna Iori. Una parlamentare abile e determinata, capace di ascoltare con attenzione le esigenze del settore del welfare e di dialogare trasversalmente con le varie componenti politiche, di maggioranza e di opposizione, ben oltre i confini del suo Pd. Un esempio raro nella politica odierna, tanto da ottenere l’ascolto e l’approvazione delle forze di maggioranza (M5S e Lega) ancora oggi, in questo supplemento di legislazione del settore”.
Inserita in stralcio nell’ultima legge finanziaria della precedente legislatura, “la legge Iori poneva rimedio ad una ingiustizia pluridecennale – prosegue Bettoli -, riconoscendo il titolo di laurea in Scienze dell’Educazione come “educatore professionale socio pedagogico”. E sanando, in varie forme – da un’elevata anzianità professionale, a seconda dei casi di 10 o 20 anni di lavoro come educatore “privo di titolo”; oppure con una anzianità di almeno 3 anni, cui si somma la frequenza di corsi speciali universitari – la situazione di un numero elevatissimo di operatori che nei servizi sociali, sanitari, educativi (le Cooperative sociali A) e dell’inserimento lavorativo (le Cooperative sociali B) ci hanno non solo lavorato da una vita, ma che li hanno spesso ideati, progettati e realizzati. Talvolta con bagagli di studi non irrilevanti: la categoria di educatori “privi di titolo” più numerosa, per fare un esempio, è costituita dagli psicologi”.
Una situazione variegata e con diversi nodi da sciogliere. “La complessità è data dal fatto che esistono altri educatori. Ci sono innanzitutto – ricorda il presidente di Legacoopsociali Fvg – gli EP sociosanitari, quelli laureati in quei corsi di Medicina che, fino alla legge Iori, erano gli unici educatori riconosciuti, e che uno scriteriato decreto dell’ex ministra Lorenzin impone di iscriversi ad un ordine professionale a loro soli riservato. Cui compete l’operatività nel settore sociosanitario – e quindi psichiatria, dipendenze patologiche da sostanze, neuropsichiatria infantile – anche se poi in realtà anche questi operatori finiscono per agire nelle varie branche del sociale”.
“Stiamo parlando di relazioni umane, e non di meccanica, per cui affinità e vocazione sono dati eminentemente personali). Ma poi ci sono altre categorie assibilabili – spiega Bettoli -: dai “tecnici della riabilitazione psichiatrica”, che sono poi degli educatori specializzati, ai “terapisti occupazionali”, che peraltro non sono quei poliprofessionisti che sono i “quadri” delle Cooperative sociali B, vera sintesi di specializzazione artigianale, imprenditorialità e servizio sociale. È una delle tante distorsioni del sistema universitario e corporativo delle professioni che complica la vita italiana”.
Va altresì detto che, tuttavia, “l’attuale emendamento Iori, cui il ritiro dell’emendamento Endrizzi del M5S – ma in realtà espressione delle posizioni micro-corporative di una parte degli EP sociosanitari – ha aperto la via, non risolve del tutto la questione. Perché la risoluzione del problema – evidenzia Bettoli – passa per l’unificazione di tutte le categorie delle figure educative. L’emendamento Iori offre una soluzione concreta per l’immediato, bloccando quelle situazioni regionali dove si sta pretendendo che nella sanità operino solo EP sociosanitari.
La situazione in Friuli Venezia Giulia. “Facciamo un esempio, quello della nostra Regione. Per assurdo, perché il nostro Piano regionale per la Salute Mentale, approvato quest’anno, giustamente non lo richiede. Sarebbe come dire che, nella psichiatria per prima nel pianeta, bisognerebbe cacciare gli operatori che hanno smantellato i manicomi, per sostituirli con degli EP sociosanitari che non esistono, visto che il numero chiuso mantenuto nella Facoltà di Medicina di Udine è inferiore ai 50 posti/anno, a dispetto della stessa volontà di apertura dei docenti del corso”.
Ora, “se in Friuli Venezia Giulia il problema non si pone, grazie alla sinergia positiva tra associazioni della Cooperazione sociale, organizzazioni sindacali, Regione, Università e tutti gli operatori del settore, l’emendamento Iori – conclude Bettoli – costituisce un ulteriore tassello per la “normalizzazione” del settore dei servizi sociali, sanitari, educativi e dell’inserimento lavorativo, per la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori del settore e per il diritto dell’utenza alla fornitura di buoni servizi, da parte di un personale stabilizzato, sperimentato e moralmente risarcito da una legislazione finalmente attenta”.