Mentre in Austria parrebbe scricchiolare il fronte che vorrebbe gli impianti sciistici aperti nelle festività natalizie, forse anche per il motivo che Baviera e Italia imporrebbero la quarantena a chi da questi paesi si mettesse in viaggio verso a Austria e Svizzera per aggirare i divieti, con l’effetto di lasciare vuoti gli alberghi, arriva l’ultimo tentativo da parte delle regioni alpine di salvare la stagione, chiedendo al Governo italiano di lasciare gli impianti aperti, limitandone l’utilizzo a chi soggiorna negli alberghi, a chi ha la casa in montagna o a coloro che l’affittano.
Secondo i firmatari dell’appello, tra i quali anche l’assessore del FVG Bini, questa scelta, unita al permesso di mobilità regionale durante le festività, consentirebbe l’applicazione dei protocolli di sicurezza, di avviare la stagione con gradualità, una gestione controllata dell’afflusso e deflusso negli impianti. Trovare un compromesso con il Governo è necessario per la sopravvivenza della montagna e di un indotto che vale 20 miliardi.
La proposta sottoscritta da Daniel Alfreider (Vicepresidente Provincia Autonoma di Bolzano), Luigi Giovanni Bertschy (Vicepresidente Regione Valle d’Aosta), Martina Cambiaghi (Assessore allo Sport Regione Lombardia), Federico Caner (Assessore al Turismo Regione Veneto), Roberto Failoni (Assessore al Turismo Provincia Autonoma di Trento), Fabrizio Ricca (Assessore allo Sport Regione Piemonte), si fa interprete della forte e legittima preoccupazione degli operatori turistici della montagna ma, se dobbiamo essere realistici, non è in grado di portare garanzie sufficienti sul fronte della tutela della salute. Prima di tutto perché una componente è nella mobilità regionale necessaria a raggiungere alberghi e seconde case e già questo aspetto determinerebbe rischi, non potendo controllare quello che fanno i turisti nel loro viaggio di andata verso le località turistiche e di ritorno da esse. Secondo aspetto è pur sempre quello numerico. Se è pur vero che il pendolarismo sciistico gonfia numeri, assembramenti e movide ( aprés ski) anche la quantità di turisti “residenti” sarebbe pur sempre considerevole. “Chi dice il contrario non conosce la realtà che si viene a creare” – afferma una appassionata di sci con familiari che gestiscono un albergo in un importante polo sciistico friulano – ” Anche se lo dico contro i miei interessi, le lunghe file di sciatori che si formano davanti agli impianti nelle prime ore della mattina – sottolinea- sono formate anche da coloro che in montagna ci pernottano”. Poi c’è un terzo aspetto, che noi aggiungiamo, quello di ampliare la discriminazione di chi in montagna non può permettersi né casa né albergo. Come in tutte le questioni che in tempi di pandemia si stanno rivelando in bilico nel difficilissimo, se non impossibile, equilibrio tra interessi economici e tutela della salute, la “palla di neve” infuocata rimane nelle mani del Governo.