Nelle speciale di PoliticApp swg, che riportiamo, un’analisi sui rapporti di forza elettorali ai blocchi di partenza, dopo che si è appena conclusa la prima fase della competizione.
La presentazione delle liste dei candidati, con il suo portato di polemiche, esclusi e ripescati, ha generato qualche fastidio nell’elettorato. Un po’ tutti partiti tradizionali perdono consensi, mentre solo i Cinquestelle non sembrano toccati dalle polemiche.
Gli scostamenti di voto sono minimi, tutti all’interno dell’errore campionario e non rappresentano particolari significatività, ma sono utili per cogliere le oscillazioni nell’umore degli elettori. Con la presentazione delle liste è terminata la prima fase della campagna elettorale, quella di assestamento, in cui le truppe dei diversi partiti si schierano.
Siamo, per usare una metafora della Formula 1, ai blocchi di partenza della competizione. Al punto in cui le macchine elettorali dei partiti si schierano sulla linea di partenza e accendono i motori per la corsa. Davanti a loro ci sono altre due fasi: quella di salita verso il voto e il rush finale e decisivo (quello in cui gran parte degli indecisi sciolgono le loro riserve) degli ultimi giorni prima del voto.
Il quadro di avvio della campagna vede il centrodestra nettamente in testa, con il 36,2% dei consensi. La coalizione di Berlusconi e Salvini, tuttavia ha un trend in flessione in gennaio, lasciando sul campo, da inizio mese a oggi, l’1,4% dei consensi (era al 37,6% l’11 gennaio). Il partito maggiormente ondeggiante è quello berlusconiano, che è passato dal 16,7% al 15,9% in meno di trenta giorni.
La Lega di Salvini è stabile intorno al 13% (questa settimana è al 12,9%), mentre Fratelli d’Italia scende dal 5,7% al 5,1%. I movimenti, in parte, sono il frutto dell’arrivo della quarta gamba centrista che, in poche settimane, si è assestata intorno al 2,3%. Il centrosinistra si presenta allo start con il 28,1% dei voti. Rispetto a inizio mese ha guadagnato l’1%. Il partito guida dell’alleanza, il PD, è al 23,7% in lieve crescita rispetto al 23,1% d’inizio gennaio. In crescita +Europa di Bonino che arriva al 2%. I Cinquestelle di Di Maio hanno rafforzato il proprio posizionamento nel corso di gennaio. Sono passati dal 26,7% di inizio mese al 28,4% di oggi, facendo registrare un +1,7%. Infine Liberi e Uguali. Il partito guidato dal Presidente del Senato Grasso, ha avuto un percorso di lento sgretolamento di consensi. Il 6,8% dei primi giorni di gennaio è lentamente sceso nel corso delle settimane, fino al 6% di oggi. Come in ogni borsino politico il risultato è tut’altro che consolidato, mentre appare indicativo osservare le scelte di voto delle diverse classi sociali.
Oltre il sessanta per cento dei ceti bassi si suddivide tra M5S (36,3%), Lega (15,9%) e FdI (9,4%). Il PD attira il 12,1%, mentre Forza Italia riesce a prendere il 17,2% e Leu il 3,3%.
I ceti medio-alti preferiscono il PD (29,6%). Forza Italia e Lega prendono complessivamente il 26,9%, mentre M5S arriva al 23,7%. Il ceto medio, invece, è più arrabbiato e preferisce, in primis, M5S (28,8%). A seguire vota per PD (23,1%), Forza Italia (15,6%), Lega (13%) e LeU (7,6%). Se questo è il quadro delle dinamiche di voto nelle diverse classi sociali, per comprendere le tendenze
in atto, è utile puntare lo sguardo sulle motivazioni che spingono i cittadini a
scegliere un partito.
Scopriamo, in questo modo, che la condivisione delle idee e delle proposte è il motivo principale che induce al voto. Ciò, però non vale allo stesso modo per tutti i partiti. Liberi e Uguali, ad esempio, è scelto per condivisione delle idee dal 67% dei suoi elettori. Lo stesso vale per la Lega (62%). Per PD e M5S la condivisione è traino meno florido e determina il voto, rispettivamente, del 43% e del 46% degli elettorati di riferimento. Chiude questa classifica Forza Italia, per
la quale l’accordo sulle idee attira solo il 38% dei suoi elettori. Un altro motore del voto è la capacità di un partito di “dare certezze”. In questo caso la classifica è guidata dal PD (32%), seguito da Forza Italia (29%). Arrivano distanziati la Lega (19%), M5S (14%), mentre chiude la classifica LeU (9%).
Per “tradizione e abitudine consolidata” vota ormai una quota ridotta di elettori. Questo gruppo di persone si posiziona, sostanzialmente, su Forza Italia (15%) e PD (13%), mentre è poca cosa per Lega (6%) e M5S (4%). Il “meno peggio”, il partito che, sul momento, convince un po’ più degli atri, è sempre l’ultima ancora di salvataggio per l’elettore deluso. Un’opzione attiva soprattutto per
M5S (16%), LeU (15%) e Forza Italia (13%).
PD e Lega si fermano al 9%. E gli indecisi come si orientano? Per loro la partita è dura. Il 29% sta cercando di capire le proposte dei partiti, per trovare quella più condivisibile. Il 22% metterà la croce sul simbolo del gruppo che darà maggiori garanzie di stabilità e governabilità e il 15% si orienterà sul “meno peggio”. Ben pochi sceglieranno di votare in base alle scelte passate (solo il 3%), mentre il restante 31% brancola nella nebbia. Come si suol dire… la campagna elettorale
è ancora lunga.