29/11/2023

Pordenone è stata la provincia italiana con la più alta incidenza di fallimenti. In quattro anni, il 5,9% delle società di capitale, attive nel Pordenonese (circa quattromila) ha dichiarato default: in termini percentuali nessun territorio ha fatto peggio.
Dall’Electrolux di Porcia all’Ideal Standard di Orcenico, dal colosso dell’arredo Gruppo Santarossa a Caneva e Villanova di Prata, dalla Imat di Fontanafredda (Gruppo Marcegaglia) al Gruppo Rosa di Porcia, dalla Domino di Spilimbergo al negozio Ovvio di Roveredo. Questi sono solo i casi più gravi, ovvero quelli con centinaia di posti di lavoro persi nel pordenonese. Dovremmo considerare poi le conseguenze a catena, come i piccoli negozi, i ristoratori, i bar e i piccoli professionisti che lavoravano nei pressi dei siti, che ora rimangono deserti. Solo nello scorso mese di settembre 2015 sono state ben undici le dichiarazioni di fallimento emesse dal tribunale di Pordenone. Per avere un termine di paragone, lo stesso tribunale nel 2000 emise solo quindici procedure durante tutto l’anno.
Il rapporto con l’estero è fondamentale. Solo chi ha saputo sviluppare l’esportazione è riuscito a mantenersi in piedi. A Pordenone il turismo è una voce mai considerata, di ciò che si produce, si esporta intorno al 40% in Germania, Francia e Regno Unito come principali mercati di sbocco. La metalmeccanica si è destreggiata meglio raggiungendo una quota export del 60%, anche se la quasi totalità delle aziende metalmeccaniche è in crisi e molti lavoratori sono già in mobilità.
Mentre concentriamo la nostra attenzione nei confronti dell’immigrazione di popolazioni dalle aree meno fortunate, fuori dall’Europa, nell’emisfero meridionale, continua la fuga silenziosa di aziende di tutte le dimensioni che emigrano in direzione di Slovenia, Croazia, Austria, Polonia, Ungheria e Albania. Le condizioni di trattamento fiscale e le politiche aziendali rendono appetibili moltissime zone del mondo per chi opera in Italia. Tasse, agevolazioni iniziali, condizioni bancarie e prospettive conseguenti, nonostante il tentativo di occultare e pareggiare con facilitazioni a carattere regionale, rimangono irraggiungibili.
Non i numeri perfetti a fare la differenza, bensì la qualità delle persone: se partissero una decina di pordenonesi tra industriali e imprenditori, vedremmo sfumare migliaia di posti di lavoro. Mentre ci fanno preoccupare per qualche centinaio di lavoratori scappati dalla guerra di chissà dove.
Nonostante questa situazione sia nota a tutti, i politici regionali sembrano disconoscere le realtà aldilà dei nostri confini. Poiché se è vero che le barriere fisiche delimitanti non esistono più in Friuli Venezia Giulia, quindi chiunque può giungere da noi senza alcun controllo sia dall’Austria, sia dalla Slovenia, è altrettanto vero che le difformità tra i tre Paesi sono sempre maggiori.
Nella nostra mente abbiamo sempre una visione contorta e retrograda dell’ex Jugoslavia, mentre la realtà della Slovenia propone una tassazione massima che non supera mai il cinquanta per cento di quella Italiana. Consideriamo anche che un dipendente costa mediamente quindicimila euro l’anno, tutti i contributi compresi, parla perfettamente almeno due lingue (i giovani anche tre o quattro) e nell’area Istriana quella lingua è molto simile al triestino…
Per non parlare sempre dell’immigrazione di profughi e clandestini, pensiamo alle aziende che emigrano dall’Italia.
Incontrando il vicepresidente della Regione onorevole Sergio Bolzonello, ex sindaco di Pordenone e tutt’ora lì residente quindi vicino alle vicende di Electrolux e Ideal Standard per richiamare le più clamorose, gli ho chiesto come valuta gli svantaggi dei nostri corregionali nei confronti dei Paesi vicini?
La risposta nell’intervista audio e video.
Marco Mascioli

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