L’economia della montagna friulana va verso una situazione insostenibile. A dare l’allarme è Nicola Cescutti, coordinatore della Delegazione di Tolmezzo di Confindustria Udine, che chiede la riapertura immediata delle fabbriche, ben oltre il limite di quell’esiguo numero di aziende cui viene concessa la facoltà di riprendere l’attività.
“Le imprese della montagna sono in grado di garantire la totale adozione delle misure di sicurezza alle proprie risorse umane contro il COVID-19”, afferma Cescutti, sottolineando che è in gioco la sopravvivenza stessa della montagna.
Entrando nel merito del Decreto liquidità, il rappresentante di Confindustria ricorda che l’indebitamento aziendale per far fronte alla liquidità immedidata necessaria alla sopravvivenza non è legato “alla volontà di fare nuovi investimenti, ma è dettato dalla sola necessità di non chiudere”.La conseguenza è che gli imprescindibili, nuovi investimenti aziendali, quelli necessari per l’innovazione di prodotto e di processo saranno impossibili da realizzare, visto il finanziamento Covid da restituire. “Oltretutto – aggiunge – si dovrà restituire il finanziamento in 6 anni, quando prima di questa epidemia i piani di rientro delle nostre imprese sugli investimenti erano spalmati su 10 anni. Anche questa evidenza testimonia come ci sia un completo ‘scollamento’ tra la realtà di chi produce e chi governa.
“Se le aziende dell’area montana , prostrate dalla crisi, non riuscissero più a mantenere gli attuali livelli di occupazione, Sarebbe un disastro sociale, oltre che economico, di dimensioni impensabili”, conclude Cescutti.